Poco più che trentenne, l’Avvocato Francesca Petriccione, laurea in Giurisprudenza in Italia ed un executive MBA a Yale (negli USA),  grazie alla sua forza e determinazione è riuscita ad emergere in un settore molto competitivo, superando ostacoli inimmaginabili (anche e soprattutto di carattere socio culturale) e sfide professionali di grande valore. “Le cose cambiano continuamente, sempre! Una parte importante dell’essere una persona di successo risiede nel non aver paura di non sapere cosa accadrà!”…

di Roberta Imbimbo

Avvocato Petriccione, ci racconti la sua storia professionale. Com’è nata la sua passione per il diritto?

Il mio sogno nel cassetto è stato sempre quello di scoprire il mondo e fare della professione di avvocato internazionalista un’occasione di interazione con culture diverse, facendo della diversità e dell’inclusione una ricchezza per me stessa e per gli altri. Proprio per questo ho sempre cercato di allargare i miei orizzonti anche attraverso la conoscenza di nuovi popoli, da quelli occidentali a quelli mediorientali.  Ad affascinarmi, è stato soprattutto un certo tipo di mercati, come ad esempio il Medio Oriente, terreno fertile per investimenti a medio e lungo termine. I numerosi viaggi all’estero mi hanno consentito di approfondire lo studio di numerosi ordinamenti giuridici diversi dal nostro e di incontrare, di volta in volta, nuovi colleghi stranieri con i quali ho costruito, nel tempo, una rete di relazioni personali e professionali che si è rivelata molto preziosa. Tali esperienze mi hanno aiutato altresì ad acquisire la piena consapevolezza delle mie potenzialità, e mi hanno insegnato a non arrendermi mai davanti a nessuna difficoltà, ma a cercare negli ostacoli uno stimolo per superare con coraggio i miei limiti, spingendomi lì dove non avrei mai immaginato di poter arrivare.

Il fatto di essere donna rappresenta un ostacolo all’esercizio della sua professione, in un contesto in cui purtroppo c’è ancora molto da fare in termini di gender gup?

Assolutamente no! Ad oggi, infatti, ho raggiunto un discreto successo in tutto il mondo, parlo perfettamente cinque lingue, ho uffici a Dubai, New York, Roma e Milano. Mi confronto continuamente con realtà importantissime rivestendo ruoli di primissimo livello, sono stat l’unico avvocato internazionalista donna a partecipare al summit delle banche arabe che si è tenuto a Doha in Qatar: ero l’unica donna in mezzo a tanti uomini, e non sono stata affatto discriminata o sottovalutata, al contrario di quello che si sostiene sui paesi del middle est e sui trattamenti che essi riservano alle donne. Un risultato davvero straordinario che deve essere di stimolo per quegli stati nei quali la donna non ha ancora gli stessi diritti e le medesime tutele dell’uomo. Non posso infatti non rammaricarmi nel pensare che ancora oggi esistono paesi in cui le donne combattono una dura battaglia per la parità di genere. A quelle donne che ancora oggi si vedono negati diritti fondamentali, vorrei regale un po’ di forza e di energia, lanciando loro un messaggio di speranza: il rispetto parte da noi stessi e poi si irradia sul resto! Se sei un leader, il sesso di appartenenza non conta, non ti poni limiti,  ma elasticizzi la tua mente al massimo in modo da apprezzare pienamente tutto ciò che ti capita. Al di là di quello che può essere l’approccio personale alla rimozione degli ostacoli di carattere sociale, credo tuttavia che la valorizzazione delle donne debba partire da ulteriori, nuovi e più efficaci strumenti operativi per superare, nei fatti, le effettive disuguaglianze ancora esistenti tra donne e uomini, ampiamente riscontrabili nella pratica. In che modo? E’ necessario che tutti gli stakeholder interessati si attivino concretamente  per fornire alle donne nuove opportunità di sviluppo professionale, e per rimuovere gli ostacoli di varia natura che ancora si frappongono ad una loro effettiva realizzazione in ambito lavorativo. Occorre impegnarsi concretamente a tutti i livelli, per superare le resistenze ancora presenti nel mondo del lavoro e per consentire alle donne di conciliare perfettamente famiglia e carriera, senza che siano costrette a scegliere tra l’una o l’altra (si potrebbe ad esempio puntare alla promozione di modelli più innovativi di welfare aziendale).

Lei oggi è considerata uno dei massimi esperti di internazionalizzazione delle imprese. Di cosa si occupa nello specifico questa nuova frontiera della professione legale?

In un contesto come quello attuale, sempre più interconnesso e globalizzato, le aziende si trovano a dover affrontare il processo di penetrazione di nuovi mercati. L’opportunità è quella di commercializzare all’estero il Made in Italy in regime di assoluto monopolio o comunque di scarsa concorrenza, conprocedure burocratiche snelle e tassazione semplificata. Come è intuibile, però, il processo di internazionalizzazione non è privo di ostacoli: la mancanza di conoscenza del sistema politico, economico, legale e sociale del paese ospitante, la difficoltà di incontrare partner commerciali locali, la necessità di adattare il prodotto al mercato di riferimento in base a specifiche normative nazionali, e le barriere linguistiche e culturali possono rappresentare dei grossi impedimenti. Ecco perché per le imprese può risultare davvero strategico affidarsi ad un buon avvocato internazionalista, che sappia valorizzarle sui mercati esteri. Dalla sede operativa di Dubai, mi occupo di tutte le problematiche inerenti ai rapporti della mia clientela con gli Emirati Arabi Uniti, avvalendomi della preziosa collaborazione di un network di collaboratori nei principali mercati del mondo (significative, ad esempio, le partneiship con lo Studio Legale Sutti di Milano, in cui sono preposta ad occuparmi di operazioni di internazionalizzazione con i mercati del Medio Oriente, e con la società di Consulenza del mio mentore Ziad Makhzoumi). Il mio compito è quindi quello di veicolare le aziende in espansione – appartenenti ai più svariati settori merceologici – verso i mercati esteri, ponendole in contatto con partner commerciali locali di natura privata o istituzionale. Tra i servizi offerti, la valutazione del potenziale d’internazionalizzazione e delocalizzazione dell’azienda, la scelta del mercato target, l’identificazione e selezione di partner strategici e la ricerca di fonti di finanziamento.

Dapprima specializzata in diritto internazionale, nel tempo però lei si è evoluta acquisendo competenze più specifiche. Quali?

Da Boutique specializzata in diritto internazionale, nel tempo ho acquisito competenze decisamente più specifiche in ambito di Merger & Acquisition (M&A), che comprende tutte quelle operazioni di finanza straordinaria che portano alla fusione di due o più società. In termini più specifici si può dire che per Merger si intende l’operazione con la quale le società partecipanti alla fusione cessano la loro esistenza giuridica per far confluire i loro patrimoni in una nuova società. L’Acquisition è invece una forma di fusione per incorporazione in cui una società (l’incorporante) mantiene la propria identità giuridica annettendo altre imprese che in tal modo cessano quindi di esistere. Tali operazioni rappresentano un valido strumento a disposizione delle società per attivare processi di crescita e creare valore aggiunto per gli azionisti delle stesse. La crescita perseguita attraverso il conseguimento di fusioni e acquisizioni, infatti, si palesa talvolta come l’unica strada in grado di consentire un reale sviluppo quali-quantitativo finalizzato all’incremento della quota di mercato, particolarmente in tutti quei settori saturi caratterizzati da una domanda stagnante e un’offerta che tende a superare le capacità di assorbimento del mercato stesso. In questi casi, attraverso operazioni strategiche di M&A è possibile porre in essere politiche di concentrazione finalizzate ad una maggiore penetrazione nel mercato di riferimento: ciò richiede però l’operatività delle imprese nello stesso mercato con produzioni altamente fungibili. Altre vantaggi sono riconducibili nell’alveo delle sinergie operative, con la condivisione di know–how e buone pratiche manageriali. Nonostante lo shock causato dalla pandemia di COVID-19, nel primo trimestre del 2021, il mercato globale M&A ha registrato una crescita del 33% dei controvalori rispetto all’anno precedente. In Italia la percentuale ha sfiorato addirittura un +161%: telecomunicazioni, automazione industriale, logistica, distribuzione e finanza, sono i settori in cui si sono registrate le operazioni più interessanti. I dati sono quindi molto incoraggianti, e il futuro sembra sicuramente promettente considerando che per i prossimi mesi sono state annunciate operazioni per oltre 60 miliardi di Euro. Con queste cifre, il mercato M&A può sicuramente rappresentare un driver importante per la ripresa del PIL italiano. Molti Gruppi,  che per anni hanno guardato con interesse solo ai mercati occidentali, oggi sembrano interessati ad aprire nuovi fronti nei mercati emergenti, come quello asiatico, dove le economie si sono riprese più rapidamente dalla crisi causata dalla pandemia. Per tali Gruppi le operazioni di M&A possono rappresentare un valido strumento per ridefinire il proprio business model, in termini di strategia, capacità produttiva,  supply chain ed innovazione.  Per di più, grazie alle risorse previste dal Recovery Fund , le aziende potranno avviare la propria digital transformation, contribuendo ad modernizzare il Sistema Italia, beneficiando tra l’altro delle numerose agevolazioni previste in caso di investimenti in innovazione tecnologica. I benefici saranno tangibili soprattutto per le aziende che operano nei settori più competitivi come l’energy transition e la sostenibilità, il digitale e il Fintech; tutti comparti che potranno essere interessati da importanti operazioni di M&A (anche le PMI potrebbero superare la frammentazione attraverso tali operazioni!). L’obiettivo è quello di creare nuove realtà, capaci di competere ed emergere a livello internazionale, seguendo l’esempio passato di Essilor-Luxottica e quello più recente di Stellantis.

Un altro tema a lei molto caro è quello della Green economy. Perché?

Credo che la transizione verso un’economia sostenibile sia un processo di vitale importanza per salvaguardare il pianeta e per migliorare la qualità di vita delle persone. Oggi il mondo globale è molto più attento a questo tema, sentendo forte la responsabilità di lasciare in eredità alle future generazioni un certo livello di capitale naturale intatto. Questo è il motivo per il quale, gli Stati di tutto il mondo hanno previsto un mix di agevolazioni ed incentivi per favorire gli investimenti ecosostenibili delle aziende e i loro progetti di innovazione in economia circolare. L’obiettivo è quello  di spingere le aziende a limitare tutti i potenziali danni ambientali durante il ciclo di vita dei loro prodotti di business, investendo maggiori risorse nell’utilizzo di energie rinnovabili, nella riduzione delle emissioni di C02, nel miglioramento del ciclo di vita dei rifiuti ma anche nella promozione di questioni sociali come la legalità, la trasparenza, l’information management, l’inclusione, la limitazione dei compensi dei dirigenti e la composizione degli organi di governo secondo criteri di diversity. Da quando l’Agenda Onu ha acceso i riflettori sull’imperativo della sostenibilità, un numero maggiore di aziende sta puntando quindi su soluzioni più innovative per alimentare l’economia circolare nel segno di un’Industria 4.0 e per avviare la transizione ecologica verso un futuro più “a misura d’uomo”.

In questo contesto operativo, in che modo lei sostiene la sostenibilità ambientale delle imprese?

Semplicemente indicando quali sono gli strumenti legali che l’impresa ha a disposizione per le sue policy di sostenibilità e come realizzare piani di finanza sostenibile secondo i criteri ESG- Enviroment Social Governance (ESG). Il rispetto e la promozione dei valori ESG è sempre più al centro della reputazione delle aziende (del resto i consumatori sembrano preferire quelle imprese che adottano modelli di gestione e produzione più sostenibili). Recentemente, giusto per citare qualche esempio, l’avvocato americano Joe Tacopina, noto per aver vinto una lunga battaglia legale relativa al caso di Chico Forti, mi ha coinvolta in una prestigiosa partneiship con il suo studio legale di Manhattan, proprio per occuparmi di questioni che riguardano l’ecosostenibilità e i reati ad essa connessi. Lavorare per numerose multinazionali è e sarà per me una grande opportunità per alzare lo sguardo verso il futuro e verso gli obiettivi fissati dall’Agenda del 2030 dell’Onu; un’occasione per aprirmi ad una nuova visione universale, per sensibilizzare i grandi Clienti ad avviare un percorso virtuoso di piena sostenibilità, investendo in tecnologie sostenibili e di ultimissima generazione per abilitare l’economia circolare. Del resto, ognuno di noi deve fare la sua parte per il futuro del nostro Pianeta!

Lei è stata recentemente contatta da una giornalista interessata a raccontare in un libro la sua storia personale. Qualche anticipazione?

Come tante donne, anche io sono stata vittima di violenza, di cui a distanza di tanti anni ho deciso di parlare a lungo in un libro, affinché la mia storia sia di esempio per tutte quelle donne che non trovano il coraggio di denunciare le violenze subite o che sottovalutano alcuni segnali inequivocabili ovvero vengono giudicate per le tempistiche entro le quali bisognerebbe parlarne. Perché, invece, i segnali sono sempre chiari, anche quando sembrano banali, piccoli, insignificanti. La tempistica non conta, subire violenza è come subire un lutto, muore qualcosa dentro di te e i tempi per realizzare l’accaduto non posso essere conteggiati.  Io sono stata molto fortunata perché, ad un certo punto della mia vita, benché appena venticinquenne, sono riuscita a trovare la forza interiore per lasciare l’uomo che tanto avevo amavo ma che mi aveva a lungo ferito, per inseguire i miei sogni. Il mio è quindi un grande esempio di riscatto, poiché da una grande sofferenza è nato il mio successo di oggi.