Il SSN è chiamato oggi a due nuove sfide, tra loro concorrenti: il controllo della spesa e il miglioramento della salute. Se da un lato, infatti, deve rispettare i vincoli di finanza pubblica e fronteggiare l’aumento dei costi connessi all’innovazione tecnologica che, in questo settore, è di importanza strategica, dall’altro deve sostenere il miglioramento della qualità della salute che passa necessariamente attraverso l’erogazione di prestazioni efficienti di assistenza sanitaria preventiva, riabilitativa, palliativa, che deve essere garantita a tutti i cittadini in ambito ospedaliero, territoriale e domiciliare, in un contesto socio demografico caratterizzato dall’aumento inarrestabile del fenomeno dell’invecchiamento, della fragilità e della non autosufficienza. Condizioni destinate ad assorbire la maggior parte delle risorse economiche. Per comprendere a fondo un argomento di grande attualità, abbiamo intervistato il Prof. Bruno Cavaliere,  Presidente SIDMI, il Prof. Giovanni Papa, Presidente AIUC (Associazione Italiana Ulcere Cutanee), il Prof. Marco Scatizzi, Presidente ACOI (Associazione Italiana Medici Ospedalieri), Giuseppe Tarantini, Direttore emodinamica e cardiologia interventistica dell’Azienda Università di Padova, e il dott. Gennaro Broya de Lucia, presidente di PMI Sanità, l’Associazione Nazionale delle Piccole e Medie imprese impegnate a rifornire gli ospedali del materiale necessario alla diagnosi e alle cure degli italiani, che in questa circostanza si è fatta portavoce delle istanze delle società scientifiche del territorio nazionale.

 

di Roberta Imbimbo

Prof- Bruno Cavaliere

Prof. Cavaliere, il SSN è oggi chiamato a nuove avvincenti sfide, a partite da un imprescindibile intervento di riorganizzazione ed innovazione, per migliorare l’efficienza delle prestazioni assistenziali. Ma è impossibile vincere queste sfide senza risorse finanziarie adeguate?

Per garantire l’evoluzione e la sostenibilità dei sistemi sanitari, e conseguentemente per assicurare cure migliori ai cittadini, l’innovazione diventa un ingrediente essenziale; non a caso, una delle leve fondamentali per accrescere l’efficacia e l’efficienza delle prestazioni assistenziali è proprio la capacità di trasferire innovazione all’interno dei sistemi di cura e di prevenzione, investendo in tecnologia di ultimissima generazione e in R&S per migliorare la qualità della cura e dell’assistenza (sempre più a dimensione di paziente con lo sviluppo della telemedicina, la teleassistenza, il fascicolo informatizzato), rendere tempestiva la presa in carico dell’assistito, facilitare l’accesso alle cure e all’assistenza, velocizzare i tempi di diagnosi, incrementare la compliance alle cure, l’aderenza terapeutica, gli interventi assistenziali e riabilitativi.

Parlando sempre di innovazione, non possiamo non citare l’Health Technology Assessment (HTA), uno strumento sistematico, trasparente, imparziale ed efficace per misurare e valutare la validità e la sicurezza delle tecnologie sanitarie. Ce ne può parlare?

Può essere considerato il ponte fra la scienza e la programmazione, producendo e sintetizzando le informazioni sulle questioni cliniche, economiche, sociali ed etiche necessarie ai processi decisionali connessi allo sviluppo dei sistemi sanitari nazionali e regionali, alla gestione delle organizzazioni sanitarie e alle scelte dei comportamenti clinici ed assistenziali quotidiani. L’Health Technology Assessment prevede un approccio multidisciplinare ed è applicabile a vari contesti, tra i quali la valutazione dei farmaci, dei dispositivi medici, delle procedure diagnostiche e terapeutiche, di erogazione e monitoraggio degli interventi assistenziali, ma anche in tema di pianificazione e programmazione sanitaria e sociosanitaria. L’innovazione può e deve trovare anche in questo ambito larghi spazi applicativi purché si risolvano però numerose criticità, tra le quali, la carenza di risorse finanziare adeguate e di personale sanitario, in particolare gli infermieri, che, se non arginate e affrontate, rischiano di rendere insostenibile l’assistenza nel sistema sanitario italiano.

Prof. Giovanni Papa

Prof. Papa, secondo lei quali sono le nuove sfide per il sistema sanitario nazionale?

La sfida più importante oggi è mantenerlo in vita visto che il sistema sanitario nazionale non esiste più già da diversi anni, anche se nessun politico ha il coraggio di ammetterlo. In quanto Presidente dell’AIUC ritengo necessarie alcune riforme coraggiose, come ad esempio la sostituzione del termine Azienda nel Sistema Sanitario Nazionale, l’abolizione dei DRG ed il ritorno della governance del sistema sanitario nazionale nelle mani dei medici e non più dei manager sanitari.

Quali sarebbero le innovazioni e di investimenti tecnologici necessari?

Sicuramente avere a disposizione del sistema tutti i dati attendibili delle prestazioni e i dispositivi nonchè la digitalizzazione del dato sanitario come il fascicolo sanitario elettronico e la telemedicina (in Aisdet). La digitalizzazione dei dati sarebbe fondamentale per il controllo economico delle spese sanitarie. Basti pensare che alle aziende del settore è stato richiesto il payback senza che le Regioni abbiano alcun dato sui consumi effettivi dei dispositivi, ad esempio dei materiali scaduti nell’anno in corso. Coinvolgendo le società scientifiche in ogni specifico settore e non collegialmente, i medici esperti di gare d’acquisto a livello regionale e di HTA dei percorsi di cura dovrebbero poter decidere i dispositivi migliori per i propri pazienti in quanto l’efficacia e l’efficienza del sistema è l’unico modo per risparmiare in sanità.

In cosa possono essere al fianco dei professionisti le aziende italiane?

Le aziende italiane del farmaco e dei dispositivi medici in ogni settore scientifico specialistico di loro pertinenza sono già al fianco dei professionisti mettendo a disposizione risorse per la formazione che viene richiesta ai medici con l’obbligatorietà degli ECM ma non finanziata in alcun modo dallo Stato. Non si capisce come mai in Italia i soldi pubblici possono andare alle strutture private accreditate ma non ci possono essere investimenti privati come avviene alla luce del sole negli Stati Uniti nelle strutture pubbliche.

Dott. Marco Scatizzi

Dott. Scatizzi qual è secondo lei la sfida più impegnativa per i chirurghi del SSN?

Le sfide ovviamente sono molte, ma ritengo che la più importante, ad oggi, sia quella relativa alla carenza di vocazioni per il nostro mestiere, che è centrale nella stessa sopravvivenza del SSN. Purtroppo nell’anno accademico 22/23 il 28% delle borse di studio della Specializzazione in Chirurgia Generale sono rimaste senza assegnazione e quest’anno addirittura il 56%, quindi il doppio. Questo significa che, purtroppo, nel giro di uno/due anni cominceranno a scarseggiare i chirurghi generali che dovrebbero sostituire quelli che vanno in pensione. Non siamo soli, altre specialità sono poco attrattive, ma senza chirurghi attivi nelle 24 ore, un Ospedale non può rimanere aperto, quindi le conseguenze sono potenzialmente devastanti.

Perché questo fenomeno?

Anche in questo caso vi sono diverse cause, che noi come Associazione dei Chirurghi Ospedalieri Italiani abbiamo analizzato con dei questionari redatti dai nostri giovani ACOI e sottoposti ad una popolazione di specializzandi in Chirurgia Generale e giovani che stanno già lavorando nei nostri ospedali. Le motivazioni più forti sono il contenzioso legale altissimo e spesso assolutamente immotivato, la formazione delle Scuole di specializzazione spesso lacunosa e l’impiego in mansioni incongrue rispetto al percorso formativo, la retribuzione bassa rispetto ad altri Paesi europei e l’impegno gravoso, specie per le donne, in relazione ad orari di servizio oltre ragionevoli carichi di lavoro.

Preferiscono specializzazioni meno onerose per imparare più remunerative e meno rischiose di denunce e conflitti.

Cosa potete fare voi come Associazione per invertire questo trend?

Beh, stiamo facendo molte cose, ma molto altro deve fare l’Università e lo Stato.

Noi, come chirurghi ospedalieri, accogliamo, quando siamo inseriti nelle reti formative, i giovani colleghi e li coinvolgiamo nella vita quotidiana, insegnando questa meravigliosa professione, addestrandoli progressivamente a farsi carico degli interventi chirurgici a difficoltà crescente, cercando di rendere orgoglio e rispetto alla nostra professione. L’Università deve impegnarsi a far sì che le Scuole siano rispondenti ai criteri europei e che i ragazzi siano impiegati in funzioni che gli insegnino la chirurgia e non in altre mansioni che niente hanno a che fare col percorso formativo e lo Stato deve investire soldi per remunerare meglio queste funzioni essenziali per i cittadini, sperequando le retribuzioni e premiando merito e rischi. Noi inoltre abbiamo un Gruppo Giovani che attraverso iniziative promozionali che spiegano l’essenza della nostra professione e coinvolgono i più giovani, trasmettono l’entusiasmo che questa magnifica professione dà a chi ha la fortuna di viverla nel modo giusto. Abbiamo inoltre per i nostri iscritti un Ufficio Legale ed una serie di polizze assicurative incluse nella quota associativa, per ridurre il carico emotivo creato dal contenzioso. Abbiamo anche proposto un Percorso formativo completamente ospedaliero, meglio retribuito e più efficace che dopo 5 anni equipari il titolo a quello di specialista. Spero che il nostro impegno possa contribuire a risolvere questo grave problema.

Prof. Giuseppe Tarantini

Prof. Tarantini, cosa bisogna fare per rilanciare la competitività del SSN?

Per migliorare la competitività del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è essenziale considerare le risorse pubbliche destinate alla sanità come un investimento piuttosto che una spesa. Tali risorse hanno un effetto positivo sul piano economico, occupazionale, della ricerca e dell’innovazione. Per migliorare l’efficienza dei servizi sanitari e adattare il SSN ai cambiamenti continui, è necessario gestire con attenzione il costo dei nuovi dispositivi medici, evitando sprechi, specialmente in un contesto di bilanci pubblici sotto pressione e necessità di controllare la crescita della spesa. È fondamentale stabilire un rapporto costo-efficacia accettabile, assicurando che i costi siano sostenibili. Questo richiede una valutazione delle qualità tecniche dei dispositivi medici e della loro efficacia clinica, ossia del loro impatto sulla salute e sul benessere dei cittadini. Il criterio principale deve essere il beneficio clinico che una innovazione apporta alla cura dei pazienti. Per rendere il SSN più efficace, efficiente e resiliente, è necessario evitare sprechi, non investendo in dispositivi sanitari che non apportano benefici significativi in termini di salute o che sono troppo costosi e possono essere sostituiti con alternative equivalenti ma più economiche. È inoltre importante garantire equità di accesso alle prestazioni sanitarie, sostenendo l’innovazione che offre reali miglioramenti nella cura dei pazienti

Dott. Broya de Lucia

Dott. Broya de Lucia, qual è il ruolo dell’Associazione PMI Sanità nel contesto delle nuove leggi che influenzano il settore sanitario italiano, e come sta contribuendo a supportare le imprese del settore nella navigazione di queste sfide normative e operative?

La sanità pubblica e privata adotta oggi parametri più stringenti in termini di qualità, trasparenza e accessibilità dei servizi sanitari, imponendo alle imprese una ristrutturazione dei processi e una rivisitazione delle strategie operative. La nostra Associazione si impegna attivamente a fornire il massimo supporto a tutte le sue oltre 160 aziende associate attraverso assistenza legale, formazione, networking e rappresentanza istituzionale. Mettendo a disposizione risorse per garantire informative tempestive e aggiornate riguardanti gli ultimi sviluppi normativi e svolgendo corsi di aggiornamento specialistici, PMI Sanità vuole assicurare la piena conformità alle leggi vigenti per tutte le piccole e medie imprese che operano nel settore sanitario. Anche alla luce di recenti ‘anomalie’ come il payback e la tassa sul fatturato, il dialogo istituzionale riveste un ruolo centrale nell’economia dell’Associazione. L’esperienza delle PMI al pari di quella delle società scientifiche deve essere messa a sistema per comprendere davvero le esigenze e gli strumenti idonei a migliorare il sistema salute Italia.

Tenendo conto del ruolo vitale delle aziende italiane nel settore sanitario, quali strategie ritiene possa adottare l’Associazione per fornire un supporto efficace ai professionisti del settore?

In Italia le PMI hanno sempre avuto un ruolo pionieristico nelle innovazioni in sanità, basti pensare alla prima valvola cardiaca senza chirurgia (TAVI), il primo stent coronarico per la cura dll’infarto, il primo ecografo miniaturizzato tanto da ‘vedere’ l’interno dei vasi del cuore (IVUS); tutte tecnologie che hanno consentito di migliorare la qualità della vita e l’outcome di salute su una grande parte della popolazione. Oggi le PMI continuano in questa loro missione puntando ad essere riferimento per il futuro programma HTA in un continuo dialogo con le società scientifiche tra cui oltre le sopra citate anche la società Italia Hta SIHTA. L’impegno ci sarà da parte di tutti ma resta il nodo cruciale per le aziende che attendono la cancellazione dell’ incostituzionale payback e per medici ed infermieri che devono contare su retribuzioni adeguate al lavoro che gli si chiede. Pur creando processi più efficienti, sarà infatti impossibile anche solo ipotizzare una sanità che cresca per numeri e qualità e che non costringa tristemente i medici a dover scegliere tra la qualità della vita e la quantità della vita!