I VIZI DI FORMA E DI SOSTANZA DELL’ATTO TRIBUTARIO

0
3191

 Giuseppe Marino        

I VIZI DI FORMA E DI SOSTANZA DELL’ATTO TRIBUTARIO

Il contribuente che riceve un atto tributario, sia esso di accertamento o di riscossione, deve rivolgersi tempestivamente ad una persona competente a valutarne la legittimità, poiché lo stesso potrebbe essere affetto da vizi di forma o di sostanza che possono essere fatti valere in sede di ricorso.  Non è vero quindi che se il tributo è dovuto non c’è nulla da fare!” asserisce con enfasi Giuseppe Marino, noto difensore Tributario, Dottore Commercialista di Napoli che, nel corso di questa lunga intervista, illustra i principali motivi per i quali è possibile impugnare una cartella di pagamento, ovvero lo strumento di riscossione tributaria del quale si avvale Pubblica Amministrazione per recuperare i crediti vantati a vario titolo nei confronti dei contribuenti

di Roberta Imbimbo

 

Dott. Marino, quali sono i principali vizi dell’atto tributario? E quando la cartella di pagamento può essere impugnata e non pagata dal contribuente?

I vizi possono essere di sostanza o di forma. I primi, chiamati anche vizi di merito, attengono all’esistenza del credito e all’entità dello stesso; i secondi, che non intaccano l’esistenza del debito ma comunque rendono illegittima la cartella esattoriale, si riferiscono invece alla mancanza del rispetto dei termini per agire o a difetti di formazione formale dell’atto (firma, delega di firma), come ad esempio i termini di decadenza o di prescrizione. La differenza sostanziale tra le due tipologie di vizi sta proprio in caso di accoglimento del ricorso avanzato dal contribuente: se il vizio attiene alla forma, in generale nulla vieta all’agente della riscossione, se ovviamente ci sono ancora i termini,  di riformare la cartella in modo corretto e notificarla al destinatario (qui entra in gioco l’abilità processuale del difensore a creare le condizioni che ciò non accada); il vizio di sostanza, incidendo sull’esistenza stessa del tributo o della sanzione, impedisce la formazione di un nuovo titolo esecutivo per mancanza del presupposto di legge. Dal momento in cui il contribuente riceve un atto tributario, ha generalmente 60 giorni di tempo per impugnarlo. Scaduto questo termine perentorio, la cartella diventa titolo esecutivo ai fini della riscossione coatta del credito e non c’è più nulla da fare, salvo non vi sia un difetto di notifica.

 

Può farci qualche esempio concreto?

Un caso ricorrente è il difetto di motivazione della cartella esattoriale o dell’accertamento, che devono necessariamente indicare, a pena di nullità, la ragione del debito del contribuente, permettendo a quest’ultimo di individuare in base a quale norma e in base a quale ragionamento logico deve pagare. Non c’è una sola cartella ad esempio che permetta di verificare come siano stati calcolati gli interessi, anche perché le sanzioni vanno assoggettate ad interessi in violazione dell’art. 30 del Dpr 602/73. Un altro difetto di sostanza attiene all’eventuale pagamento del debito da parte del contribuente, evidentemente non contabilizzato dall’Amministrazione che, ciononostante, ha iscritto a ruolo il tributo e richiesto la riscossione all’esattore. Sconsiglio vivamente di affidarsi all’autotutela, atto di natura discrezionale, che se non viene immediatamente accolto, scaduti i termini dei 60 giorni per fare ricorso, consolida la pretesa.

 

Cosa può dirci invece dei vizi di forma?

Sono quelli relativi alla formazione dell’atto, il quale per legge, deve rispettare una miriade di requisiti formali, che nessuno conosce bene. Ad esempio, con gli accertamenti digitali gli atti vanno firmati digitalmente, molto spesso non sono sottoscritti e sono nulli, oppure se sono firmati dai capo team, la delega che li ha nominati non è formalmente corretta o i sottoscrittori non hanno la qualifica funzionale prevista dalla legge. Un altro esempio è la prova delle notifiche delle cartelle che non è costituita dalla ricevuta di consegna, ma dal file EML, perché la stampa della ricevuta di consegna costituisce una copia contestabile facilmente alterabile.

 

Perché una volta che il contribuente riceve una cartella di pagamento è importante rivolgersi ad un Difensore tributario altamente specializzato?

Nel diritto tributario non esiste la nullità tipica del civile invocabile in qualsiasi momento, ma annullabilità nei termini: in sostanza anche l’atto astrattamente “nullo”, se non oggetto di specifica censura ed impugnativa giurisdizionale da parte del contribuente, si evolve e si trasforma in atto sano e, conseguentemente, creatore di effetti giuridici. Una volta ricevuto un atto tributario, è di fondamentale importanza rivolgersi ad un esperto della materia, che sappia verificare se siano stati rispettati i presupposti di legittima sostanziale e formale di cui sopra, e che abbia altresì la giusta esperienza per assistere i propri clienti nelle opportune sedi giudiziali stragiudiziali. 

 

E in questo lei è altamente qualificato!

Assolutamente sì. Ho conseguito sia la laurea in Economia e Commercio sia quella in Giurisprudenza. Ho quindi sia le competenze del dottore commercialista (contabilità bilanci e diritto tributario), sia quelle dell’avvocato (conoscenza approfondita del processo tributario), se non riesco a vincere nel merito, spesso vinco per abilità processuale. Ogni anno partecipo assiduamente a master di alta formazione professionale in diritto tributario e processuale. In questo lavoro, l’aggiornamento è di vitale importanza; ho la struttura per seguire esclusivamente per il contenzioso tributario qualsiasi contribuente, sia in commissione Tributaria, sia in Cassazione. Ritengo però indispensabile che i miei clienti siano consigliati già nella fase pre-contenziosa, ossia già quando presentano la dichiarazione senza poter pagare oppure nella fase della verifica fiscale e nella stesura del pvc. E questo è sicuramente un valore aggiunto, ad esclusivo vantaggio dei miei clienti!

 

Per maggiori info: www.studiomarino.it           

Email: consulenza@studiomarino.it