Nel cuore del dibattito tra tecnologia e tutela del patrimonio, LuxChain si presenta come una rivoluzione silenziosa ma potente, capace di colmare il divario tra due mondi spesso percepiti come distanti: la tecnologia digitale e il patrimonio culturale. Nato in Italia dall’esperienza di Q Consulting, il progetto parte dal mondo del lusso – quello degli orologi, dei gioielli e del collezionismo di alto livello – per approdare oggi al patrimonio artistico pubblico, con un obiettivo ambizioso: renderlo più accessibile, partecipato e sostenibile attraverso la tecnologia blockchain. Abbiamo approfondito questa visione con Gabriele D’Aloisio, co-fondatore di Q Consulting e ideatore di LuxChain.

 

di Roberta Imbimbo

 

Dott. D’Aloisio, cos’è LuxChain e da dove nasce l’idea?

LuxChain è una piattaforma che utilizza la tecnologia blockchain per certificare, valorizzare e sostenere economicamente i beni artistici, di lusso e culturali, pubblici e privati. L’idea nasce dalla nostra esperienza nel mondo del collezionismo, dove autenticità e tracciabilità sono essenziali, ma soprattutto da un’esigenza concreta: dare agli enti pubblici nuovi strumenti per affrontare la scarsità di fondi nella conservazione del patrimonio. Inizialmente applicata a oggetti di pregio – come orologi, gioielli e opere d’arte private – la tecnologia si è poi evoluta, estendendosi ai beni culturali pubblici. È proprio qui che il progetto ha trovato il suo vero potenziale: non più solo certificare, ma anche coinvolgere le persone nella tutela della cultura. Incoraggiando la partecipazione collettiva e la responsabilizzazione digitale, LuxChain si propone come ponte tra innovazione tecnologica e identità culturale, tra cittadini e istituzioni.

In che modo un bene culturale può essere “tokenizzato”?

Attraverso la creazione di token digitali unici, registrati su blockchain, che rappresentano un legame simbolico con un bene fisico: un dipinto, una scultura, un sito archeologico o un archivio. Il token non trasferisce proprietà, ma consente al cittadino di partecipare in modo certificato alla valorizzazione del bene. Questo gettone digitale può includere vantaggi esclusivi come visite riservate, contenuti immersivi, eventi privati o il proprio nome associato a un progetto di restauro. È una nuova forma di mecenatismo digitale: tracciabile, inclusiva e trasparente.

Il progetto LuxChain sembra rispondere a una visione ampia e strutturata. A quali esigenze chiave vuole rispondere concretamente?

Il nostro obiettivo è triplice. Primo: garantire la sostenibilità economica della cultura, creando nuovi strumenti per finanziare il patrimonio in modo non invasivo, coinvolgendo risorse private in modo trasparente. Secondo: promuovere l’educazione alla partecipazione e al senso d’identità, trasformando il cittadino in un soggetto attivo, non più spettatore passivo del patrimonio. Terzo: innovare il fundraising pubblico, portando strumenti digitali e tracciabili nel mondo della cultura. È una risposta alla crisi dei finanziamenti tradizionali, ma anche un cambio di paradigma culturale. Non è necessario essere mecenati milionari per contribuire alla tutela di un’opera: basta un gesto digitale consapevole per fare parte della sua storia.

Che ruolo giocano a riguardo le normative italiane ed europee?

Un ruolo centrale. Abbiamo sviluppato LuxChain in stretta osservanza delle normative vigenti, a partire dal GDPR per la protezione dei dati, fino al nuovo regolamento europeo MiCA (Markets in Crypto-Assets), che disciplina le attività legate agli asset digitali. La piattaforma è progettata per essere compliant anche con il Codice dei Beni Culturali, e non prevede in alcun modo la cessione o la vendita dei beni pubblici. Ogni operazione è tracciabile, verificabile e legittima. Collaboriamo con legali, esperti in diritto culturale e partner istituzionali proprio per garantire che l’innovazione sia anche legalmente sostenibile.

Quali sono i vantaggi concreti per i cittadini?

Partecipare attivamente alla tutela e valorizzazione del patrimonio. Con LuxChain, ogni persona può sostenere un’opera, un sito o un museo in modo semplice ma significativo. Il token digitale non solo testimonia questo gesto, ma offre anche accesso a esperienze uniche, rafforza il legame con il bene e contribuisce a creare una comunità di custodi digitali. È anche una forma di educazione civica: attraverso la partecipazione, il cittadino sviluppa maggiore consapevolezza sul valore del patrimonio e sul ruolo che può giocare nella sua conservazione. E al tempo stesso è uno strumento moderno di trasparenza e fiducia.

Qual è il messaggio che LuxChain vuole lanciare agli enti pubblici?

Che esistono strumenti innovativi per finanziare la cultura senza comprometterne la proprietà o l’integrità. LuxChain è un’opportunità concreta per attivare risorse private, senza perdere il controllo pubblico sui beni. È anche un invito a innovare con responsabilità: la blockchain non è una moda, ma uno strumento potente, se usato correttamente. Gli enti possono aprire nuovi canali di dialogo con il pubblico, rendendo la cultura più vicina, più viva e più sostenibile.

E al grande pubblico?

Che il futuro della cultura passa anche da noi. Non serve essere collezionisti o filantropi per fare la differenza. Con LuxChain, chiunque può diventare un mecenate digitale. Basta un gesto piccolo, ma consapevole, per contribuire alla tutela di ciò che ci appartiene. Perché la cultura non si vende: si protegge, si valorizza e si condivide. E la blockchain, in questo senso, è solo lo strumento. Il vero motore del cambiamento siamo noi.

Per saperne di più:  info@qconsultingsrl.com e www.qconsultingsrl.com