Oscar Di Domenico racconta il progetto che mira a riportare in vita un borgo disabitato nelle Marche, unendo tutela del patrimonio storico, innovazione tecnologica e lusso discreto. Ma non solo: lo Studio si apre al mercato globale con una nuova sede internazionale, portando l’eccellenza italiana nel mondo.
di Roberta Imbimbo
Architetto, ci racconta com’è nato questo progetto e quali caratteristiche lo rendono unico nel panorama del recupero dei borghi storici italiani?
Questo progetto, ancora in fase di presentazione, nasce da un profondo legame con il territorio marchigiano e dalla consapevolezza di un patrimonio immenso, spesso silenzioso e a rischio di abbandono. Riguarda un borgo disabitato nel territorio di Pieve Torina, nelle Marche, zona del cratere sismico: un luogo naturalmente meraviglioso che negli anni si è spento a causa delle vicissitudini legate al terremoto e allo spopolamento.
L’obiettivo è riattivarlo, non solo restaurarlo, risvegliandone l’anima. L’approccio è “sartoriale” e “olistico”: ogni edificio, vicolo e pietra verranno analizzati per recuperarne la funzione originaria e reinterpretarla in chiave contemporanea. Non una scenografia turistica, ma un organismo vivo, dove abitazioni, albergo diffuso, botteghe e spazi comuni convivono in equilibrio.
Quali sono le principali sfide tecniche e architettoniche nel trasformare un intero borgo in residence e albergo diffuso di fascia lusso?
Le sfide sono molte e quotidiane. La prima riguarda il consolidamento antisismico di edifici antichi, spesso irregolari e complessi. Poi c’è l’integrazione di tecnologie avanzate — domotica, climatizzazione, connettività — all’interno di mura storiche senza alterarne l’estetica. Infine la gestione logistica di un cantiere diffuso, con accessi limitati e la necessità di lavorare nel massimo rispetto del contesto.
Come si riesce a coniugare la tutela del patrimonio storico con le esigenze di comfort e servizi di una clientela internazionale alto di gamma?
Attraverso il rispetto filologico degli esterni e una “contaminazione controllata” degli interni. Utilizziamo materiali e tecniche locali, accostati a elementi di design e tecnologia contemporanea. La luce, la pietra, il legno e i tessuti naturali creano un lusso sussurrato, autentico, dove la tutela non è un vincolo ma un valore aggiunto.
A che tipo di investitori esteri si rivolge l’operazione e quali opportunità offre il mercato italiano del turismo esperienziale?
Ci rivolgiamo a investitori culturali, non speculativi, che comprendono il valore della bellezza, della storia e della sostenibilità. Il turismo esperienziale è in forte espansione: oggi il viaggiatore cerca autenticità, contatto con il territorio, esperienze legate a enogastronomia, artigianato e tradizioni. Recuperare un borgo significa offrire non solo un soggiorno, ma un’esperienza di vita italiana autentica.
Quanto conta l’integrazione con il territorio – tradizioni, enogastronomia, paesaggio – nella riuscita di un progetto di questo tipo?
È fondamentale, direi che rappresenta il 90% del successo. Il borgo sarà la porta d’accesso alle eccellenze marchigiane, in collaborazione con produttori vinicoli, artigiani e chef locali. L’obiettivo è creare un ecosistema integrato dove l’ospite vive il paesaggio e la cultura, non come spettatore ma come parte attiva.
Il brand “ODD & Partners Architects – oscar di domenico architetto” e la nuova sede internazionale
Perché la scelta di un brand rinnovato e più internazionale?
Il nuovo brand Di Domenico Architects rappresenta l’evoluzione naturale dello studio e la sua apertura al mercato globale. Mantiene il legame con la nostra identità ma parla un linguaggio universale, comunicando la presenza di una struttura complessa e di un team multidisciplinare capace di gestire commesse internazionali di alto profilo.
Quali valori e visione vuole trasmettere attraverso “Di Domenico Architects”?
I valori restano gli stessi: radici, con il rispetto del contesto storico e paesaggistico; innovazione, nella ricerca di soluzioni sostenibili e tecnologiche; e la sartorialità. L’approccio su misura racconta un po’ anche la mia storia dal momento che sono figlio di imprenditori nella sartoria, dove ho imparato che ogni progetto è unico, cucito addosso alle esigenze del cliente e alle specificità del luogo. La visione è quella di essere ambasciatori di un “Made in Italy” e artigianalità architettonico che non è solo stile, ma un metodo di lavoro che unisce creatività, cultura del dettaglio e alta ingegneria.
Dove sarà collocata la nuova sede internazionale e perché è stata scelta proprio quella destinazione?
La scelta è ricaduta su Tirana, per la sua posizione strategica come hub globale per il real estate di lusso e gli investimenti internazionali. È un crocevia di culture e talenti che ci permette di essere vicini a clienti, partner e grandi studi di ingegneria, ottimizzando la gestione dei progetti su scala mondiale.
In che modo questa apertura cambierà il posizionamento dello studio nel panorama architettonico globale?
Segna il passaggio da uno studio italiano con vocazione internazionale a uno studio realmente globale, con solide radici italiane. Ci rende più competitivi nei settori dell’hospitality di lusso e del residenziale di alta gamma, esportando la nostra esperienza nel recupero del patrimonio storico.
Che tipo di progetti internazionali state già valutando e quali mercati vi interessano maggiormente?
Stiamo valutando resort di lusso, boutique hotel e ville private in contesti paesaggistici unici come le Alpi svizzere, gli Stati Uniti e le principali capitali europee come Parigi o Londra. Guardiamo anche con interesse all’Albania e Turchia, dove il mercato immobiliare è in forte crescita. Vogliamo portare il nostro know-how dove la qualità italiana è riconosciuta e richiesta.
Crescita dello studio e visione futura
Come si struttura oggi il team dello studio e quali nuove professionalità avete integrato?
Il team è cresciuto in modo organico, diventando un gruppo multidisciplinare composto da architetti, interior designer, landscape architect, esperti di illuminazione e specialisti BIM. Si sono aggiunte figure dedicate al business development e al project management internazionale, per gestire relazioni e progetti complessi all’estero.
Qual è il modello organizzativo che permette di gestire progetti complessi e multilocali?
Adottiamo un modello “hub & spoke”: la sede italiana rimane il centro creativo e di ricerca, mentre quella internazionale è l’hub operativo e commerciale. Ogni progetto è coordinato da un project leader e gestito in tempo reale tramite piattaforme digitali e modelli BIM condivisi.
Che tipo di partnership o collaborazioni internazionali state costruendo per consolidare la crescita?
Collaboriamo con studi di architettura e ingegneria locali nei vari paesi per la gestione normativa e direzione lavori, e con società di real estate e brand internazionali dell’hotellerie di lusso. Queste alleanze ci permettono di accedere a nuove opportunità e garantire l’eccellenza esecutiva dei progetti.
Quanto incide la dimensione internazionale sulla cultura progettuale e sul linguaggio architettonico del vostro studio?
Incide molto, in modo positivo. Confrontarsi con culture e contesti diversi arricchisce il nostro linguaggio progettuale, pur mantenendo una forte identità italiana. La nostra cifra rimane l’attenzione al dettaglio, la qualità dei materiali e il dialogo costante tra storia e contemporaneità.
Guardando ai prossimi anni, quali sono le ambizioni principali: consolidare la presenza in Italia o accelerare l’espansione sui mercati esteri?
Le due direzioni si completano. L’Italia resta il nostro laboratorio d’eccellenza, dove continuiamo a sperimentare, soprattutto nel recupero di borghi storici. Queste esperienze rappresentano il nostro biglietto da visita per i mercati esteri e alimentano la nostra crescita internazionale.
Se dovesse sintetizzare la filosofia che lega il recupero dei borghi italiani, il nuovo brand e la proiezione internazionale dello studio, quale sarebbe il filo conduttore?
Il filo conduttore è l’idea di “bellezza che genera valore”. Che si tratti di risvegliare un borgo addormentato in Italia o di progettare un resort su una costa straniera, il nostro approccio è sempre lo stesso: partiamo dall’identità unica di un luogo per creare esperienze straordinarie e, di conseguenza, un valore che dura nel tempo. Il recupero dei borghi ci ha insegnato a lavorare con l’anima dei luoghi. Il nuovo brand, “Di Domenico Architects”, serve a comunicare questa sensibilità a un pubblico globale. La proiezione internazionale è la naturale conseguenza di questa visione: esportare non solo uno stile architettonico, ma un metodo di lavoro che mette al centro la cultura, la storia e la qualità, trasformandole in un asset strategico per il futuro. In fondo, costruiamo ponti tra passato e futuro, tra locale e globale.


























































