Costituita nel 2015 come sede italiana del gruppo slovacco CVI SRO, CVI Italia è oggi una delle più importanti realtà nel settore delle certificazioni volontarie con accreditamento internazionale. Fondata da persone con oltre 20 anni di esperienza nel settore, si pone l’ambizioso obiettivo di affiancare le imprese nell’ottenimento di importanti certificazioni, oggi necessarie per affrontare al meglio il cambiamento culturale in atto. In questa lunga intervista Manolo Valori, Direttore Tecnico dell’Organismo, membro della Commissione tecnica UNI/CT 057 “Economia circolare” e della commissione tecnica UNI/CT 016/GL 10 “Figure professionali afferenti alla gestione per la qualità” con master II livello alla LUISS Business school in circular economy ed esperto di turismo sostenibile, ci parla della direttiva 2006/123/CE e della sua conseguente applicazione al settore delle concessioni balneari italiane. Ma non solo…
di Roberta Imbimbo
Dott. Valori che cos’è la direttiva Bolkestein?
La direttiva Bolkestein è un atto approvato dalla Commissione europea nel 2006 e recepito nell’ordinamento italiano dal governo Berlusconi nel 2010 che si prefigge di favorire la libera circolazione dei servizi e l’abbattimento delle barriere tra i vari Paesi dell’UE. In Italia tale normativa ha suscitato non poche polemiche in relazione al tema della liberalizzazione delle concessioni balneari che, dal primo Gennaio 2024, potranno essere affidate a privati solo ed esclusivamente con gare pubbliche aperte a tutti gli operatori presenti in Europa. In buona sostanza, se fino a poco tempo fa lo Stato italiano affidava a terzi la concessione attraverso il diritto d’insistenza contemplato dall’articolo 37 comma 2 del Codice della navigazione, a seguito della procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea (che ha contestato all’Italia l’estensione delle concessioni balneari al 2033) ora dovrà necessariamente rispettare il diritto unionale, che è di rango superiore rispetto a quello nazionale.
Quali scenari si aprono a fronte dell’applicazione della Direttiva Europea?
L’applicazione della Direttiva Europea potrebbe portare ad una massiccia privatizzazione a favore di grandi imprenditori o multinazionali stranieri contro i quali gli attuali gestori (circa 30.000), spesso piccole realtà imprenditoriali a conduzione familiare che hanno investito i propri risparmi per avviare e condurre tali attività, avrebbero ben poche possibilità di concorrere nelle gare di appalto. E così, inevitabilmente, uno dei settori più importanti del nostro Paese si ritroverebbe esposto ad una grande minaccia: i grandi magnati stranieri, pur disponendo di possibilità di investimento smisurate, hanno purtroppo una scarsa conoscenza delle peculiarità storiche, paesaggistiche e sociali del settore turistico balneare italiano. I 30.000 concessionari storici hanno sempre fatto pressione affinché questo non accadesse, per il timore di perdere gli spazi in questione e veder cosi vanificati i sacrifici di una vita.
Dunque, da una parte c’è chi gestisce, da molto tempo, lidi e spiagge. Dall’altra c’è l’Europa che cerca di liberalizzare il settore. Cosa possono fare in concreto gli attuali concessionari per veder tutelati i propri interessi?
Il disegno di legge del Governo stabilisce alcuni criteri fondamentali quali elementi premianti nei futuri procedimenti di assegnazione delle concessioni. Innanzitutto bisogna dimostrare l’esperienza tecnica e professionale già acquisita: in altri termini, verrà privilegiato chi attesta di offrire agli utenti un servizio di elevata qualità. In che modo? Uno degli strumenti a tal fine più validi è, a nostro avviso, la certificazione ISO 13009 che identifica requisiti di qualità, sostenibilità ed accessibilità che consentono ai concessionari di rispondere ai principi contemplati dalla Direttiva Europea. Tale certificazione può essere quindi utilizzata dal singolo operatore per dare evidenza della qualità della propria gestione nei confronti delle Autorità e degli Enti di controllo diretti ed indiretti; ma può essere utilizzata altresì per dimostrare la capacità del concessionario di mantenere il livello del bene in concessione per tutto l’arco dell’anno, di gestire i rischi ambientali e le emergenze e di minimizzare gli impatti con l’ambiente. Altro criterio premiante. Per evitare che le grandi multinazionali straniere facciano razzia in Italia, la norma privilegia le micro e medie imprese locali che punteranno però all’eccellenza e al miglioramento continuo, dimostrando di aver investito nel settore (dettaglio non di poco conto dal momento che la norma stabilisce espressamente che la concessione durerà in relazione al periodo di ammortamento degli investimenti effettuati dal concessionario). In estrema sintesi, la ISO 13009 è la strada giusta da seguire se si vuole resistere ad un cambiamento epocale del contesto balneare, in cui è auspicabile un’applicazione intelligente della Bolkestein, che consenta di premiare esclusivamente gli imprenditori meritevoli (quelli che hanno lavorato bene offrendo servizi di alta qualità), consentendo loro di continuare a condurre la loro impresa.
A proposito di cambiamento epocale, un altro elemento premiante (ovviamente non solo per le imprese balneari) sarà l’ottenimento della certificazione sulla parità di genere. Ce ne può parlare?
Oggi viviamo in un contesto che sta cambiando radicalmente. A breve, tutte le aziende italiane dovranno necessariamente affrontare un’altra sfida importante, che è quella della parità di genere. Un documento emesso dall’UNI il 16 marzo del 2022 definisce infatti le «linee Guida sul sistema di gestione per la parità di genere», le quali consistono in una raccolta di prassi condivise per conseguire l’obiettivo della parità di genere. Specifici indicatori consentiranno di misurare le azioni finalizzate a promuovere e tutelare le diversità e le pari opportunità sul luogo di lavoro e conseguentemente di verificare il grado di maturità dell’azienda dal punto di vista della parità di genere con un monitoraggio annuale e una verifica ogni due anni. Secondo quanto previsto nel documento, che non ha ancora efficacia normativa ma ha certamente un valore decisivo per le aziende, le organizzazioni dovranno impegnarsi a recepire i princìpi di gender equality, con l’obiettivo non solo di aumentare la presenza femminile all’interno del contesto lavorativo ma anche di garantire pari opportunità di carriera, parità di trattamento economico, condizioni di work-life balance adeguate, nonché un ambiente di lavoro che rifiuti stereotipi, discriminazioni e proponga invece una cultura della diversità e dell’inclusione. In questo contesto, l’ottenimento della certificazione PDR/UNI 125 darà sicuramente un vantaggio competitivo maggiore alle aziende che riusciranno ad ottenerla. Tale certificazione permetterà, inoltre, alle organizzazioni di accedere anche a una serie di benefici fiscali. Siamo dunque di fronte ad un cambio di paradigma, ad un cambiamento culturale importante; le imprese che non saranno proattive, che non sapranno o vorranno adottare politiche mirate a favorire l’ingresso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro, saranno sicuramente penalizzate rispetto ai competitor. Ovviamente, CVI Italia si prefigge di affiancare le imprese in questo passaggio epocale, accompagnando il cliente lungo un percorso umano e professionale che lo educhi a vincere le sfide quotidiane imposte dai nuovi scenari politici ed economici in atto.