Ad una struttura sanitaria servono tre elementi per puntare all’eccellenza: professionisti all’altezza, dirigenti con visione, tecnologie moderne. Ne beneficiano i pazienti, ma anche la società. La buona sanità è alla base della crescita economica e dello sviluppo. L’hanno capito all’ospedale Papardo di Messina (330 posti letto e 28 unità operative) che, dopo anni di lavoro insieme alle autorità accademiche, si appresta a diventare il secondo polo universitario della Città. E che, grazie alla acquisizione di ExcelsiusGPS, un braccio robotico impiegato per la chirurgia spinale fino a ieri disponibile solo a Bologna, Venezia e Torino, è diventato un punto di riferimento sanitario del Centro-Sud  Italia. A parlarci di questa importante eccellenza sono il primario della Neurochirurgia (a direzione universitaria), Massimo Cardali, e Salvatore Cuzzocrea, Rettore dell’Università di Messina.

 di Roberta Imbimbo

Professor Cardali, cos’è ExcelsiusGPS?

Un braccio robotico, unico nel suo genere a livello mondiale, che guida la mano del chirurgo durante gli interventi alla colonna vertebrale e al bacino. Nell’inserimento della vite nel peduncolo vertebrale, che è la manovra più delicata, il medico e il robot lavorano insieme raggiungendo livelli di precisione del 98,9%.

Alta precisione, basse complicanze?

Grazie all’uso del GPS, il braccio robotico naviga sul corpo del paziente con precisione millimetrica. Al posto di grandi incisioni che implicano sanguinamento e tempi più lunghi di ospedalizzazione e riabilitazione, ora bastano pochi tagli da 2-3 centimetri. A poche ore dall’intervento il paziente si alza in piedi, e dopo 2-3 giorni torna a casa.

Per quali patologie può essere impiegato?

Listesi vertebrali, malattie degenerative della colonna, crollo vertebrale causato ad esempio dall’osteoporosi, sfaldamento del tessuto osseo determinato da certi tumori, traumi di elevata gravità. La patologia traumatica e neoplastica del sacro e dell’anello pelvico. Oltre che dall’unità di Neurochirurgia, il braccio robotico è utilizzato anche da quella di Ortopedia diretta da Daniele Pontoriero.

Una tecnologia che si sposa con la formazione degli specializzandi e la ricerca.

Per i giovani chirurghi è un ottimo strumento di formazione per la chirurgia spinale. Inoltre, un’occasione unica per fare ricerca clinica a livello internazionale.

In Italia ci sono 4 Excelsius: uno a Messina, gli altri da Bologna in su. Cosa vuol dire?

Che il Papardo è un argine alla migrazione sanitaria della gente del Sud. Due dei quattro robot, peraltro, si trovano in istituti privati. Investimenti di questa portata (1,4 milioni di euro, nda), soprattutto se sostenuti da una azienda pubblica, hanno un valore enorme. E il merito va al nostro dg Mario Paino. Il diritto a cure eccellenti deve valere per tutti e lungo tutto il Paese. Già oggi parte dei nostri pazienti proviene da fuori regione.

Professor Cuzzocrea, il Papardo sta per divenire il secondo polo universitario di Messina.

Il Policlinico rappresenta e rappresenterà il punto di riferimento per l’Università. Come molti altri atenei lungimiranti – pensiamo a Bologna, Milano, Roma – ci apriamo al territorio. Col Papardo c’era già una sinergia con la scuola di specializzazione e la convenzione fortemente voluta dal professor Tomasello per la neurochirurgia, e c’è un campus appena rinnovato dove abbiamo investito 40 milioni di euro. Grazie all’azione del governo regionale, del Presidente Musumeci, dell’Assessore Razza, all’attenzione del Direttore Paino e di tutti i primari dell’ospedale oggi estendiamo questa sinergia. Abbiamo presentato l’istituzione di un nuovo corso di laurea di Medicina e Chirurgia che cambierà il volto dell’Ospedale: finalmente ci saranno gli studenti che faranno tirocinio con i nostri docenti e i primari. Potranno vivere i reparti, la sala operatoria, affiancare i primari durante il loro percorso di formazione e utilizzare le attrezzature di ultimissima generazione di cui è dotata la struttura. La sinergia tra il mondo universitario e quello assistenziale è per noi fondamentale, così come il connubio tra università e ricerca. Arriva da qui il miglioramento della sanità pubblica italiana.

Esiste un rapporto tra tecnologia e “buona sanità”?

La tecnologia aiuta ma il Sud deve raccontare meglio la buona sanità che ha. Forse non sappiamo rispondere con quell’attenzione che hanno alcuni ospedali del Nord, ma spesso non riusciamo a raccontar bene le eccellenze del nostro sistema sanitario.

Un obiettivo che ha a cuore come Rettore del suo Ateneo?

Ho lavorato tanto in questi quattro anni: due in mezzo alla pandemia e ora con la guerra. Ho investito molto sui giovani: i nostri 400 nuovi ricercatori hanno rinnovato più di un terzo della compagine docente. E poi ci sono i dottorati di ricerca, le strutture, gli altri corsi di laurea. Lascio un’università con docenti più giovani e una consapevolezza dei rapporti scientifici importante; vorrei lasciare anche un’università più umana.