Federico Tedeschini – Il controllo giudiziario sul potere discrezionale delle autorità indipendenti

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1992
La giurisprudenza della Corte di Giustizia ritiene che l’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea tuteli prima di tutto la libertà di svolgere un’attività in regime di libera concorrenza: il che vuol dire che le autorità amministrative europee (fra le quali sicuramente rientra la Banca d’Italia – Eurosistema) debbono astenersi dal porre in essere eccessi di regolazione che si risolvano, nei fatti, in una eccessiva compressione di simile libertà. Interviene sull’argomento l’Avv. Prof. Federico Tedeschini, che dal 1974 offre consulenza ed assistenza giudiziale e stragiudiziale in materie articolate e complesse, quali appunto il diritto amministrativo e comunitario.

Avv. Tedeschini, per una maggiore chiarezza esplicativa, può spiegarci in dettaglio cosa sancisce l’art.  16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea?

Esso sottolinea che il riferimento all’impresa trae origine dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia che ha riconosciuto tre libertà sottese a tale principio – la libertà di esercitare un’attività economica o commerciale, la libertà contrattuale e la libertà di concorrenza  (CG, 22 gennaio 2013 in causa C-283/11) – nonché il diritto di ogni impresa di poter disporre liberamente, nei limiti della responsabilità delle proprie azioni, delle risorse economiche, tecniche e finanziarie di cui dispone (CG, 27 marzo 2014, in causa C-314/12). In altri termini, se è vero che la libertà d’impresa può essere soggetta ad un ampio ventaglio di interventi dei poteri pubblici suscettibili di stabilire, nell’interesse generale, limiti all’esercizio dell’attività economica è altrettanto vero che la dimensione di tali interventi non può mai giungere a sollevare un imprenditore dalla propria attività sulla base di affermazioni che riposano su concetti giuridici indeterminati   (primo fra tutti quello della violazione dei criteri di sana e prudente gestione).

Gli indirizzi appena richiamati debbono essere letti anche alla luce del c.d. principio di proporzionalità (anch’esso di derivazione europea) fra comportamenti tenuti dal privato e conseguenze ascrittegli da parte di un pubblico potere europeo?

Assolutamente sì! Il riferimento ai concetti giuridici indeterminati impone un ripensamento degli atteggiamenti del Giudice amministrativo rispetto alla proporzionalità dell’esercizio del potere e dell’esaustività della motivazione contenute negli atti resi dalle autorità amministrative indipendenti come la Banca d’Italia.

La tutela offerta dall’ordinamento ai privati rispetto all’esercizio del potere discrezionale ripropone sotto altro, ma connesso profilo, la questione del bilanciamento tra art. 41 Cost. ed art. 47 Cost. Perché?

Quanto più si estende la prerogativa di vigilanza di soggetti non sottoposti al vaglio giurisdizionale – perché titolari di potere discrezionali – tanto più è elevato il rischio di una eccessiva compressione della libertà di iniziativa economica imprenditoriale privata. L’assoggettamento del potere discrezionale al procedimento, costituisce infatti il primo –  e forse più importante – indicatore di un mutamento strutturale dell’attività dei pubblici poteri, da attività unilaterale e meramente autoritativa ad attività plurilaterale, in quanto attenta alle situazioni soggettive degli interessati. La previsione del coinvolgimento dei soggetti nell’esercizio del potere amministrativo, la cui posizione trova un concreto riscontro nel procedimento attraverso gli strumenti della partecipazione e dell’accesso, non solo contribuisce in misura determinante ad estendere l’oggetto della motivazione ma ridefinisce il contenuto del principio di legalità che si pone alla base di tale adempimento procedurale. La rilevanza della posizione del privato non è questione meramente formale, ma indica la meritevolezza di tutela delle ragioni che inducono tale soggetto a (cercare di) orientare in senso a sé favorevole l’esercizio del potere amministrativo. Il riconoscimento e la tutela di tale facoltà di azione del privato si ricollega ad una concezione della Amministrazione che non è più esecutrice del precetto normativo, quanto piuttosto responsabile di un complesso assetto di interessi cui contribuiscono – con pari dignità formale – l’interesse pubblico e quello privato.  In questa prospettiva, il principio secondo cui le autorità di vigilanza nel settore finanziario e creditizio esercitano i poteri di vigilanza loro attribuiti avendo riguardo alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario nonché all’osservanza delle norme applicabili, deve essere inteso nel senso di declinare l’esercizio di tali prerogative in modo da preservare la liberalizzazione del settore introdotta dalle direttive europee, ossia il bilanciamento tra il momento pubblicistico e quello privatistico. Spesso, al contrario la Banca d’Italia – al pari di altre autorità amministrative indipendenti – tralascia di considerare la fondamentale rilevanza della dinamica privatistica nelle vicende delle quali si occupa nell’esercizio della propria attività di vigilanza e utilizza concetti giuridici indeterminati come quello di “ sana e prudente gestione “ che si rivelano inconferenti rispetto agli ordinari canoni secondo i quali i giudici amministrativi valutano il corretto uso della discrezionalità amministrativa.

di Roberta Imbimbo

Per maggiori info: www.tedeschinilex.it