In Italia ogni anno vengono eseguiti oltre 30.000 interventi per ipertrofia prostatica benigna (IPB) con tecniche tradizionali come la TURP (resezione transuretrale della prostata). Eppure, oggi esistono alternative più efficaci, meno invasive e con minori complicanze post-operatorie. Ne parliamo con il dott. Giovanni Ferrari, urologo e fondatore del centro C.Ur.E. – Centro Urologico Europeo – una struttura riconosciuta a livello nazionale per l’utilizzo delle tecnologie laser e la formazione di medici specializzati, che ha saputo unire l’eccellenza clinica alla centralità del paziente, con un modello organizzativo ispirato alla collaborazione, alla libertà professionale e alla responsabilità condivisa.

di Roberta Imbimbo

Dottor Ferrari, in Italia si parla ancora di oltre 30 mila casi di ipertrofia prostatica trattati con metodiche tradizionali come la TURP. Qual è oggi il limite di questo approccio?

Per un secolo la TURP è stata lo standard nella chirurgia dell’IPB, ma recenti studi scientifici ne hanno messo in luce limiti importanti: è una tecnica invasiva che comporta una degenza ospedaliera più lunga; un maggiore rischio di complicanze emorragiche ed effetti collaterali sulla sfera sessuale; una ripresa post-operatoria lenta e la comparsa di recidive a distanza di tempo. Inoltre, nei pazienti anziani o con patologie associate, la TURP può essere troppo aggressiva.

Quali sono invece le alternative oggi disponibili per trattare l’ipertrofia prostatica benigna?
Oggi abbiamo a disposizione tecnologie (sia mininvasive che laser) che rappresentano una svolta nella gestione dell’IPB. Le soluzioni laser, in particolare, hanno rivoluzionato il trattamento di questa patologia, offrendo un’elevata efficacia clinica con un impatto molto più contenuto sulla qualità di vita del paziente rispetto agli approcci tradizionali. Queste tecniche consentono di rimuovere l’ostruzione in modo molto preciso e sicuro, anche in presenza di prostate di volume elevato, e lo fanno con una ridotta incidenza di sanguinamento. I vantaggi per il paziente sono concreti: rapidità e precisione d’intervento; riduzione significativa del rischio di complicanze emorragiche; degenza ospedaliera minima, spesso l’intervento viene eseguito in regime di day hospital; ripresa delle attività quotidiane in tempi rapidi; minimo impatto sulla funzione sessuale ed eiaculatoria, e minor rischio di incontinenza; risultati stabili nel tempo, con un miglioramento significativo della qualità di vita.  A parità di esperienza, l’approccio laser riduce drasticamente la necessità di reinterventi a lungo termine, grazie a una rimozione più completa dell’adenoma prostatico. È una chirurgia moderna, personalizzabile e sicura, che oggi rappresenta lo standard di riferimento nei Centri specializzati come C.Ur.E.. Noi siamo fermamente convinti che l’adozione di queste tecnologie non sia solo una scelta tecnica, ma un atto di responsabilità nei confronti del paziente: curarlo al meglio, con il minimo impatto.

Può spiegarci la differenza tra le varie tecnologie laser oggi in uso, come il Green Laser, l’Olmio e il Tullio? Quando si sceglie l’uno rispetto all’altro?

Oggi più che mai non è sufficiente conoscere la tecnologia: è fondamentale saperla interpretare. Le tecnologie laser a disposizione — Green Laser, Olmio, Tullio — sono tutte straordinariamente efficaci; non esiste una tecnica “migliore in assoluto”. Ciò che fa la differenza è la consapevolezza clinica del chirurgo e la capacità di adattare la metodica non solo alla prostata, ma al paziente e al contesto operativo. Il laser è uno strumento — potente e versatile — ma è la testa, la mano e l’esperienza del chirurgo a determinare l’esito. La scelta non dipende soltanto dal volume della prostata, ma da chi esegue l’intervento, dalle sue competenze, dalla familiarità con una tecnologia piuttosto che un’altra, e dalle dotazioni della struttura. È ciò che definiamo una chirurgia sartoriale: un approccio su misura, non solo sul paziente ma anche sul chirurgo. Prima, con la TURP, si era legati a un’unica modalità operativa. Oggi, invece, abbiamo la libertà (e la responsabilità) di scegliere l’opzione più adatta tra molte valide alternative. Ma per farlo, bisogna conoscere bene tutte le tecniche, comprenderne i meccanismi fisici, i limiti, i vantaggi. Solo così possiamo garantire una medicina realmente personalizzata, sicura ed efficace.

Il vostro Centro è riconosciuto a livello nazionale come punto di riferimento per l’insegnamento delle tecniche laser. In cosa consiste questo ruolo e quali sono le competenze richieste?

Il nostro Centro è accreditato per la formazione di specialisti urologi italiani e stranieri. Il nostro obiettivo è diffondere l’uso consapevole delle tecnologie più moderne, che noi ormai utilizziamo dal 2010, offrendo ai medici competenze specifiche sull’uso dei laser chirurgici, sulla selezione dei pazienti e sulla gestione del follow-up post-operatorio. La formazione è la chiave per offrire cure sempre più sicure e personalizzate. Utilizzando delle grandi energie come i laser è infatti importante essere tutorati  e acculturati in modo adeguato proprio per evitare danni al paziente, come l’incontinenza urinaria e l’impotenza.

Qual è la direzione futura nel trattamento dell’IPB? Vedremo un progressivo abbandono delle tecniche tradizionali in favore di approcci meno invasivi?

Ormai stiamo assistendo a un graduale ma deciso superamento delle tecniche tradizionali. Il futuro è già iniziato: le soluzioni laser e mininvasive stanno trasformando la chirurgia dell’IPB in un trattamento sempre più sicuro, efficace e centrato sui reali bisogni del paziente. In questo contesto,  il Centro C.Ur.E. è molto più di un luogo di cura: è un polo di innovazione e formazione, dove ogni intervento è pensato per offrire al paziente la migliore soluzione possibile e ogni scelta è guidata da competenza e visione. E’ qui, la chirurgia urologica del futuro prende forma. Giorno dopo giorno. Persona dopo persona.