Fondato nel 1995 dall’Avv. Diego Ferraro, lo Studio Legale Ferraro, con sede in Palermo, è un’eccellenza nel campo del diritto civile, sanitario ed assicurativo (con un focus particolare sulla responsabilità civile, medica e professionale in genere). Grazie ad un know how altamente specialistico e ad una rete di professionisti, anche esterni, competenti e qualificati, lo Studio è in grado di garantire assistenza giudiziale ed extragiudiziale a strutture sanitarie, compagnie assicurative, studi professionali, enti e medici su tutto in territorio nazionale. L’Avv. Diego Ferraro interviene sul tema delle infezioni legate all’assistenza sanitaria (ICA), esaminando anche il più recente orientamento giurisprudenziale in materia.
di Roberta Imbimbo
Avv. Ferraro, cosa si intende per infezioni nosocomiali?
Per definizione le infezioni ospedaliere – tecnicamente chiamate I.C.A. (infezioni correlate all’assistenza sanitaria) – sono quelle infezioni che non erano presenti (quindi non erano manifeste clinicamente, né erano in incubazione) all’ingresso del paziente nella struttura sanitaria, ma che sono insorte durante la degenza pur manifestandosi, in alcuni casi, solo dopo le dimissioni. Queste infezioni costituiscono oggi una sfida significativa per la comunità scientifica: vista la loro portata e frequenza, esse hanno infatti un impatto clinico ed economico-sociale molto rilevante in termini di prolungamento della degenza, della disabilità a lungo termine, della mortalità, dell’aumento dell’antibiotico-resistenza e del maggiore carico economico per pazienti, famiglie e sistemi sanitari nazionali (solo in Italia, ogni anno, sono tra le 450 e le 700 mila le infezioni correlate all’assistenza).
In un eventuale giudizio in tema di infezioni nosocomiali, su chi grava l’onere della prova?
Nelle cause per responsabilità sanitaria aventi ad oggetto le infezioni nosocomiali, ove sia dedotta la responsabilità contrattuale della struttura per carenze igienico sanitarie della stessa o per l’inadempimento della prestazione professionale dei medici intervenuti, il danneggiato deve provare di aver subito un danno correlato all’assistenza (e cioè l’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie) e il nesso di causalità fra tale condizione patologica e la degenza in ospedale. Una volta accertato il collegamento tra l’insorgenza dell’infezione e la permanenza in reparto, anche sotto il profilo temporale, ————————————, la struttura sanitaria, per essere dichiarata esente da responsabilità, dovrà provare di avere adottato tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative e dalle leges artis al fine di prevenire lo sviluppo di patologie infettive nonché di avere tempestivamente ed adeguatamente trattato, una volta manifestatasi, l’eventuale infezione. Tale prova, tuttavia, non è assolutamente semplice, dovendo la struttura dimostrare di avere concretamente applicato i protocolli di prevenzione all’uopo previsti. La Giurisprudenza in materia è infatti molto rigida: la formale adozione dei protocolli non è sufficiente; bisogna anche provare di averli correttamente applicati al caso concreto fornendo idonea traccia di detta applicazione. In quest’ottica la Cassazione ha in ultimo dettagliatamente specificato gli oneri probatori a carico delle strutture, richiedendo “l’indicazione dell’orario di effettiva esecuzione dell’attività di prevenzione” nonché “l’indicazione dei criteri di controllo e di limitazione dell’accesso dei visitatori” e “l’indicazione del rapporto numerico tra personale e degenti”.
Quali danni sono oggi risarcibili?
Quando una infezione nosocomiale è causata da negligenza o dal mancato rispetto delle norme igieniche e di prevenzione, il paziente ha diritto a richiedere un risarcimento. Detto risarcimento, tenuto conto del caso concreto e dell’esito dell’infezione, può avere ad oggetto diverse voci, tra cui le spese mediche sostenute e gli eventuali costi aggiuntivi per trattamenti o prolungamenti della degenza, il danno non patrimoniale, il danno biologico differenziale e la perdita di chance (di sopravvivenza o di guarigione). Quest’ultima, che si indentifica, per la Suprema Corte, nella “possibilità perduta di un risultato migliore”, è senz’altro la voce di danno tipicamente collegata alle infezioni ospedaliere.
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