Addio Camilleri, maestro di ironia e sensibilità: per sempre giovane nel cuore dell’Italia

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Addio Camilleri, maestro di ironia e sensibilità: per sempre giovane nel cuore dell’Italia

Lo scrittore è scomparso a 93 anni. Il mondo della cultura, dello spettacolo e  dei tantissimi cittadini che sono cresciuti con i suoi racconti lo piangono.

Lavorava nel suo studio, tra coppole, ritratti, omaggi, foto della famiglia Sellerio cui era legatissimo (il giovane Antonio ragazzino con la chioma rossa), lo sciroppo per la tosse sulla scrivania accanto al posacenere pieno di cicche. Andrea Camilleri non finiva di fumare una sigaretta che ne accendeva un’altra. La scorta era custodita in un armadietto nel corridoio. Era un piacere ascoltarlo. All’inizio incuteva anche un certo timore, il vocione e la risata piena, poi scoprivi una persona attenta, sensibile, curiosa. Giovane. Memoria pazzesca, ironia caustica. Quando ha compiuto 90 anni e lo hanno celebrato nella strada in cui abita, in Via Asiago a Roma, a due passi dalla sede degli studi radiofonici della Rai, era sceso accompagnato dall’ex presidente della Rai Monica Maggioni e dalla sua storica assistente Valentina Alferj. “Mi sembra troppo esagerato, non vi pare?”. Prima richiamato a gran voce, tutti con il naso all’insù verso il balcone illuminato. “Ma lasciamo stare i discorsi dai balconi” scherzava, poi si era lasciato andare all’abbraccio della folla. “Il bene che mi volete è ricambiato”. Era stata una festa pubblica e privata.

Ancora si poteva incontrare per il quartiere Prati, quando faceva la passeggiata fino al mercato per fare la spesa. “Poi quando ho perso la vista non ci sono più potuto andare” raccontava, “e mi dispiace, ma la gente per me ha un affetto commovente. Una signora che non mi ha più visto, mi lascia il ciambellone fatto in casa dal portiere. Una volta alla settimana un’altra mi porta la caponatina. Mia moglie Rosetta viene indicata: ‘Vedi? Quella è la moglie di Montalbano'”. Ridacchiava. La gratitudine per lo scrittore, creatore del commissario più amato e coscienza civile, era grande. La popolarità, spiegava, agli inizi lo sorprendeva “poi ho capito che è bello confrontarsi con i fan irriducibili che ne sanno più di te, anche se mi sono successe le cose più strane. Le donne sono lettrici avide, mi rimproverano per Livia. La situazione più curiosa? Una signora, dopo la presentazione di un libro, mi ha chiesto: ‘Le posso accarezzare le sopracciglia?'”. Rideva di gusto. “Cose dell’altro mondo”. Con la moglie Rosetta, una vita insieme, aveva un rapporto di complicità. Quando la signora chiedeva: ‘Posso offrire qualcosa?’, lui strizzava l’occhio: ‘Mai accettare caramelle dalle sconosciute’. Ci teneva a mantenere una certa autonomia, raccontava con orgoglio che nessuno doveva disturbarlo la mattina, quando si faceva la barba. “Mi devo radere da solo, quando esco voglio essere in ordine”.

Venticinque milioni di libri vendutiper la serie di Montalbano su Rai 1, in vent’anni un miliardo di spettatori, ma la cosa che l’aveva reso “pienamente felice” era stato il debutto al teatro Greco, l’anno scorso – era l’11 giugno – quando portò in scena il mito di Tiresia. Aveva recitato come attore, da solo in scena. “Ora mi chiederanno di andare a Hollywood?”, scherzava col produttore Carlo degli Esposti, suo complice in un’operazione che sulla carta sembrava complicatissima. Invece Camilleri non aveva perso un colpo, e Alferj, pronta a suggerire una frase, una parola, una battuta, non era mai dovuta intervenire.

La cosa che l’aveva colpito era stato il silenzio. “L’unico momento di vera tensione, quasi di spavento, è stato proprio quel silenzio iniziale in cui malgrado avessi un orecchio tappato dall’auricolare per ricevere i suggerimenti – di cui non ho avuto bisogno – sentii le cicale. Ho pensato: non è possibile, sto cominciando a dare i numeri. Quella sera gli animali hanno avuto una parte”, spiegava. “In camerino ho sentito qualcosa che mi sfiorava le gambe: era un gatto, che poi ha attraversato il palcoscenico mentre parlavo ed è venuto a salutarmi alla fine. Quello per me era il Genius loci”. Non aveva mai avuto dubbi sull’idea di andare in scena: “Quando Roberto Andò ha parlato con la mia curatrice Valentina Alferj ho detto subito di sì, l’ho considerata una sfida con me stesso, con la memoria e i miei 90 anni passati: è stato un modo per assicurarmi di essere vivo”. Preparava il ritorno in scena con Autodifesa di Caino il 15 luglio alle Terme di Caracalla. Non ha mai avuto paura di vivere, diceva di non avere paura di morire. Ci mancherà.

Fonte: La Repubblica.