Mariano Pizzuti
I nuovi orizzonti nel trattamento dell’ipertrofia prostatica
L’ ipertrofia prostatica benigna (IPB) è un aumento volumetrico benigno della ghiandola prostatica; aumentoche può causare, a sua volta, la compressione dell’uretra (il canale attraverso cui l’urina viene espulsa all’esterno con la minzione) conconseguenti problemi urinari, che vanno da una semplice riduzione del flusso di urina fino ad una completa ostruzione dell’uretra. Ad illustrarci le ultimissime frontiere nel trattamento di tale patologia, è il dott. Mariano Pizzuti, noto urologo di Caserta.
di Roberta Imbimbo
Dott. Pizzuti, quali sono le cause e i sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna?
Si tratta di una patologia, che si sviluppa con caratteristiche (forma, volume e progressione) diverse da soggetto a soggetto, nella maggior parte dei casi correlata con l’avanzare dell’età e determinatada un’alterazione dell’equilibrio ormonale tra estrogeni ed androgeni, causa dell’ingrossamento della ghiandola prostatica. Tale aumento, se non trattato in modo tempestivo ed appropriato, può avere conseguenze o complicanze anche gravi come ritenzione urinaria acuta, ematuria, calcolosi vescicale, insufficienza renale ed infezioni urinarie. Ciononostante, la maggior parte degli uomini richiede un consulto medico solo ed esclusivamente in presenza di sintomi seri, o quando la sintomatologia è talmente invalidante da alterare la qualità di vita.
Quali i trattamenti oggi disponibili?
La terapia farmacologica si basa su due tipologie diverse di farmaci. Gli inibitori della 5-a-reduttasi, che hanno propriamente proprietà curative, servono a rallentare la crescita prostatica e si rivelano particolarmente utili quando il volume prostatico è inferiore ai 50 grammi. Gli Alfa litici, invece, bloccano i recettori alfa situati sulle cellule muscolari lisce della prostata, ottenendone il rilasciamento e favorendo l’apertura ad imbuto del collo vescicale e dell’uretra prostatica. Sono, quindi, il primo approccio farmacologico per ridurre la frequenza minzionale e migliorare il getto. Laddove la terapia farmacologica dovesse risultare fallimentare e la qualità di vita del paziente gravemente compromessa, si ricorre alla terapia chirurgica. Oggi, diversamente da quanto avveniva in passato, si ricorre sempre più a tecniche mininvasive, come la Resezione Transuretrale della Prostata (TUR-P), un trattamento endoscopico mininvasivo che, grazie all’utilizzo di strumentazioni di ultimissima generazione, offre numerosi vantaggi in termini di minor degenza post-operatoria e un più rapido recupero delle attività lavorative e quotidiane. Grazie alla introduzione della tecnologia laser, è possibile effettuare interventi endoscopici con minime perdite ematiche ed un più rapido recupero. Il laser al Tullio, ad esempio, permette sia l’enucleazione che la vaporizzazione dell’adenoma prostatico, con una drastica riduzione dei tempi di ospedalizzazione (48-72 ore dopo l’intervento). In altri termini, oggi si ricorre alla Chirurgia open solo in casi eccezionali, quando le dimensioni dell’ipertrofia superano i 150 ml o sono associate ad importanti complicanze, che suggeriscono di eseguire un intervento più invasivo, decisamente più critico per il paziente.
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