Nuove tecniche nel trattamento del reflusso gastroesofageo

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Il dott. Bruno Benini, specialista in Chirurgia Generale e Toracica, presso l’Ospedale S. Camillo de Lellis di Roma, ci illustra i benefici di una metodica mininvasiva: la chirurgia laparoscopica

Il reflusso gastroesofageo, una patologia invalidante che in Italia colpisce una persona su tre, può essere trattata efficacemente con terapia medica o chirurgica. La prima si basa sull’assunzione di farmaci che impediscono la produzione di acido a livello gastrico, togliendo al materiale che risale in esofago le caratteristiche dannose per la mucosa esofagea. La seconda, invece, mira a ricostruire la naturale barriera anti-reflusso a livello del cardias, e viene eseguita in centri e da chirurghi che hanno un’elevata esperienza di chirurgia laparoscopica.

Dott. Benini, la terapia farmacologica è dannosa?

Negli ultimi anni è stato dimostrato che l’assunzione prolungata di farmaci inibitori della pompa protonica (PPI), può essere gravata da effetti collaterali quali disturbi cardiaci anche gravi, demenza, infezioni intestinali ed un aumento dell’incidenza del cancro dello stomaco. Questo è il motivo per il quale se ne consiglia un utilizzo limitato nel tempo. Con l’avvento della chirurgia mininvasiva laparoscopica è possibile risolvere definitivamente e stabilmente il problema di reflusso gastroesofageo, con un minimo traumatismo.

Quali sono i vantaggi della chirurgia laparoscopica?

Ridotto dolore postoperatorio, dovuto alla limitata estensione delle ferite muscolari; rapida ripresa delle proprie attività quotidiane; rapida ripresa della funzione intestinale; ridotta incidenza di complicanze respiratorie, circolatorie e cardiache. I risultati sono davvero eccellenti anche a distanza di tempo (a 20 anni dall’operazione!) come evidenziato dalla recente letteratura scientifica.

 Per maggiori info (www.chirurgia-laparoscopica.com) (dr.benini@gmail.com)

di Roberta Imbimbo