Ronaldo come Maradona e Pelè, la sua rovesciata è già storia

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È l’ascensione al cielo, ovvero al paradiso dei calciatori, di fatto e per definizione. Il petto che sale parallelo alla volta celeste, le gambe mulinano l’aria che comincia a rarefarsi, e una delle due serve per mettere il corpo in equilibrio, l’altra per catapultare il pallone alle tue spalle, con una pedalata alla bici immaginaria che stai cavalcando col corpo rovesciato. Il colpo più spettacolare del calcio, e ha una sua perfetta logica il fatto che Cristiano Ronaldo, quel mostro, l’abbia riproposta contro la Juventus allo Stadium, segnando un gol che per bellezza, importanza e contesto, perché è sempre il contesto a fare la differenza, entra di diritto nella storia del calcio moderno.

Dicono che la rovesciata fu inventata da Ramon Unzaga, un basco emigrato in Cile, nello stadiolo di El Morro a Talcahauano, nel gennaio 1914 (lo stadio c’è ancora ed è intitolato a lui). Forse, anzi certamente, non fu il primo al mondo, perché pare che un gesto del genere venne notato per la prima volta qualche anno prima dai marinai inglesi che sbarcavano in un porto del Perù, Callao, e vedevano gli scugnizzi di lì esibirsi nella rovesciata, e la chiamarono “chalaca”, perché gli abitanti di quel luogo erano conosciuti come chalacos. Unzaga andò avanti per qualche anno a fare rovesciate, e a volte gli arbitri gli fischiavano fallo, perché una cosa del genere non si era mai vista. Nel 1920 Unzaga propose la specialità in un torneo in Argentina, e da quella volta in tutto il mondo iberico il gesto è noto come “chilena”. Il brasiliano Leonidas, altro eroe dei tempi pionieristici del gioco, la perfezionò elevandola ad arte. Hugo Sanchez, il messicano del Real Madrid anni ’80, la rese quasi un’abitudine, soprattutto in quella stagione in cui segnò 38 reti nella Liga, ogni volta toccando il pallone una sola volta, al volo, ed era sempre gol, spesso in acrobazia.

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Il pianeta si sta inchinando da parecchie ore a Cristiano Ronaldo, e fa benissimo. Nell’istantanea del gesto, fotografato da ogni angolazione, si vede CR7 ascendere al cielo grazie a quei muscoli dorsali al titanio che si ritrova e compiere la meraviglia in mezzo a sei juventini, compresi De Sciglio e Barzagli, i più vicini, disattenti all’inizio, quando Cristiano compie il movimento straordinario a rientrare mentre arriva il cross di Carvajal. Una meraviglia che cementa l’epopea di Cristiano nel calcio moderno, peraltro già ben incastonata nella storia del gioco, perché i numeri individuali suoi e di Lionel Messi, uniti alle vittorie di squadra, li rendono senz’altro i fenomeni del nuovo millennio come attestano i meritatissimi cinque Palloni d’oro a testa, probabilmente anche i più bravi di sempre per costanza di rendimento ad altissimi livelli, visto che nessuno dei fuoriclasse storici del calcio ha mai avuto una simile continuità. Ma lasciando da parte i paragoni intra-epoche, sempre scivolosi e in sostanza fuorvianti, il gol di Cristiano è già diventato un simbolo della sua carriera, anche se finora non è che ne avesse segnati pochi: solo nel Real Madrid 445 in 430 gare ufficiali (avete letto bene), in assoluto 649, nazionale compresa. Perché un gol di quel genere in una partita così importante segna la vita, per forza.

È accaduto a tutti i grandissimi. Pelè, a cui Buffon ha paragonato Cristiano Ronaldo (e pure a Maradona), di gol ne ha segnati mille più uno (quello celeberrimo, non a caso in rovesciata perfetta, nel film “Fuga per la vittoria”) ma le sue prodezze in due finali mondiali, quella di Stoccolma 1958 ancora diciassettenne (stop di petto a seguire, sombrero su un difensore e destro al volo) e quella di Città del Messico 1970 contro l’Italia (colpo di testa dopo essere rimasto sospeso in aria) rimangono tra i marchi più famosi della sua vita. Di Diego Maradona, è presto detto e tutto riassunto in quel pomeriggio all’Azteca ai Mondiali 1986 contro l’Inghilterra, quando in pochi minuti offrì la summa più straordinaria della sua arte e della sua carogneria, prima la “mano de Dios” poi l’eccezionale cavalcata da metà campo palla al piede prima del gol. La sintesi di Marco Van Basten, il centravanti che più di ogni altro coniugò l’eleganza all’efficacia, è il destro al volo contro l’Urss nella finale degli Europei 1988, ma anche lui con le rovesciate ci sapeva fare, non a caso si congedò dal grande calcio internazionale con una memorabile “chilena” al Goteborg, 1992. Johann Cruyff ha griffato l’inizio del calcio moderno tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, un calcio che diventò sintesi di tecnica e preparazione atletica, quindi il suo balzo da saltatore in lungo nella semifinale mondiale 1974 Olanda-Brasile, con eccezionale deviazione al volo, rimane negli annali.

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Leo Messi, forse il più bravo di tutti in assoluto in saecula saeculorum, è uno che invece per struttura fisica (come Diego) difficilmente segnerà gol in rovesciata, infatti non se ne ricordano, e in teoria non dovrebbe mai segnare di testa e di destro, i suoi ipotetici punti deboli: invece una delle sue istantanee più famose è il gol in eccezionale sospensione, nella finale Champions 2009 a Roma contro il Manchester United, di testa contro Rio Ferdinand; anche se l’azione più indimenticabile di Leo è forse quella nella semifinale 2015 in Barça-Bayern Monaco, con slalom in un fazzoletto, Boateng che gli cade ai piedi avvitandosi a terra, il tutto chiuso da un pallonetto su Neuer. Di destro. Quella notte il Camp Nou venne letteralmente giù, e per ottimi motivi.

Ogni fuoriclasse ha avuto il suo lampo più accecante degli altri, in mezzo a mille bagliori. Di Ronaldo il Fenomeno si ricordano i gol in progressioni di devastante potenza, ma quello segnato con l’Inter nel fango di Mosca allo Spartak, semifinali Uefa 1998, è tra i più famosi. Zizou Zidane, che ha segnato tre gol in due finali mondiali per nazioni, è legatissimo a quello realizzato nella finale Champions 2002 in Real Madrid-Bayer Leverkusen a Glasgow, con quel sinistro al volo che è il simbolo della nuova epopea internazionale del Madrid, infatti Zizou dopo Juve-Real ha ammesso, un po’ scherzando un po’ no, di essere “geloso” della meraviglia esibita da CR7 allo Stadium.

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Un gol in una partita decisiva, di quelle che guarda tutto il mondo, è per sempre, e ti fa entrare nella storia. Anche se non sei un fuoriclasse all’altezza di questi che abbiamo citato. Michael Owen lo era potenzialmente, poi si perse, ma la sua rete nei quarti mondiali 1998 in Argentina-Inghilterra, con slalom velocissimo e stangata in rete di destro, è tra le più belle e importanti di ogni epoca (anche se poi l’Argentina passò ai rigori). Ci fu pure chi dopo aver piazzato un gol memorabile pensò

al suo Dio, e si trattò di Rabah Madjer, a segno di tacco nella finale di Coppa Campioni 1987, Porto-Bayern. Per tutti quel gol divenne il “tacco di Allah”, perché certi gol, in certe notti, avvicinano all’Assoluto. In quello di Cristiano alla Juve, in effetti, c’era qualcosa di poco umano e molto di metafisico o di inspiegabile, e a questo punto ognuno dia la sua spiegazione, secondo indole e proprie convinzioni. Anche quelle religiose, perché no.

Fonte http://www.repubblica.it/sport/calcio/esteri/2018/04/04/news/cristiano_ronaldo_gol_per_la_storia-192937900/#gallery-slider=192899303