UNIONI CIVILI, DIRITTI E DOVERI

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Oggi si vanno diffondendo forme familiari sempre più lontane dall’ideologia tradizionale, forse sotto l’influenza di un profondo mutamento sociale, forse per libera scelta, certamente perché si sta vivendo un periodo caratterizzato da un processo migratorio continuo che porta, inevitabilmente, all’incontro di culture diverse. Alla base dell’evoluzione del concetto di famiglia c’è, quindi, la trasformazione di una società, i cambiamenti di costume, di valori, di organizzazione delle relazioni sociali. Oggi, nel terzo millennio, sarebbe più opportuno parlare di famiglie, accettando una prospettiva pluralistica che tenga conto anche delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, che hanno avuto il loro riconoscimento giuridico con la legge 20 maggio 2016 n. 76, la cosiddetta legge Cirinnà. Se in passato, prevaleva una famiglia di tipo “tradizionale”, fondata sull’indissolubilità del matrimonio, su una precisa divisione dei ruoli tra i coniugi e sulla centralità dei figli, nel corso degli ultimi 30 anni il numero dei matrimoni celebrati è sensibilmente calato, il numero delle separazioni e dei divorzi è aumentato in maniera vertiginosa, come pure è aumentato il numero delle unioni di fatto e dei figli nati fuori dal matrimonio. La situazione sociale di oggi è, quindi, del tutto diversa da quella regolata dal legislatore nel 1975. La legge n. 151/1975, fotografava un modello di famiglia differente, e proprio per questo oggi, in numerosi punti, risulta essere anacronistica.
R.C.

Famiglia e legami affettivi. La legislazione italiana tra evoluzione e anacronismo

Negli ultimi anni, si è sempre di più imposto un tipo di famiglia non legata dal vincolo matrimoniale ma organizzata sul modello tradizionale, all’interno della quale vigono gli stessi principi di stabilità e solidarietà che si ritrovano nella famiglia c.d. legittima. Il processo di liberalizzazione della sfera sessuale ha reso, infatti, meno necessario il legame istituzionale; l’evoluzione della società, i cambiamenti di costume, di valori e di organizzazione delle relazioni sociali hanno spinto il Legislatore a recepire le istanze di coloro che intendono veder riconosciuto, anche sotto l’aspetto giuridico, il proprio legame sentimentale. In tale contesto, la recente legge sulle unioni civili, che porta il nome della sua relatrice, la senatrice democratica Monica Cirinnà, è un primo importante passo verso l’equiparazione di tutte le forme di amore, poiché prevede la possibilità di contrarre una unione civile che garantisce alle coppie diritti e doveri in parte analoghi a quelli delle coppie sposate. Nell’ambito di tale fenomeno evolutivo, tuttavia, alcuni aspetti della nostra legislazione familiare, risalente agli anni 70, risultano essere anacronistici. Trattiamo questo argomento con il Notaio Matteo Fasano, titolare dell’omonimo prestigioso Studio Notarile di Salerno.

Notaio Fasano, quali aspetti della nostra legislazione familiare non sono più al passo con i tempi?
“La disciplina dei rapporti successori nell’ambito familiare, alla luce dell’evoluzione del concetto di famiglia, risulta essere anacronistica, sia per quanto concerne l’obbligo di attribuire una cospicua quota del patrimonio del “de cuius” ai suoi parenti più stretti, figli e coniuge, sia relativamente al divieto dei patti successori, ai sensi dell’art. 458 c.c., per il quale è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. In pratica il Legislatore ha voluto circoscrivere le modalità di vocazione ereditaria a quella testamentaria e legittima, escludendo la fonte convenzionale”.
Ci può fare qualche esempio per rendere più chiara la sua considerazione?
“Oggi un genitore deve obbligatoriamente lasciare una quota del suo patrimonio a ciascun figlio ed al coniuge, anche nel caso in cui il figlio si dimostri insensibile alle esigenze del genitore, trascuri di assisterlo, gli faccia mancare la minima forma di affetto e si dimostri totalmente ostile nei suoi confronti; lo stesso vale per il coniuge. Probabilmente la non automatica attribuzione di diritti a questi ultimi produrrebbe un miglioramento del rapporto affettivo. Ancora, con l’attuale normativa successoria nessuno può rinunziare all’ eredità durante la vita del “de cuius”, in quanto ciò è espressamente vietato dall’articolo 458 del codice civile. Tale situazione crea innumerevoli casi di disagio. L’ipotesi tipica è l’ostruzionismo che i figli fanno al genitore qualora questi, già divorziato dall’altro genitore, intenda risposarsi, per la contrarietà ad accettare che un estraneo partecipi al patrimonio familiare. In questi casi se fosse possibile limitare l’aspetto economico, ad esempio, alla sola reversibilità pensionistica, concedendo al futuro nuovo sposo di rinunziare al resto dell’eredità, sicuramente si manterrebbe la pace familiare e, soprattutto, trionferebbe il vero sentimento”.
Ritornando alle unioni civili, è necessario redigere un testamento per riconoscere i diritti successori al proprio partner?
“Assolutamente sì. A differenza del matrimonio, dove se non viene redatto un testamento è la legge che disciplina la devoluzione dell’eredità, prevedendo specifici diritti successori a favore del coniuge del defunto, in caso di unioni civili il testamento è l’unico strumento a disposizione del convivente per poter attribuire diritti successori al proprio partner. In mancanza quindi di un testamento, il convivente non potrà vantare alcun diritto sui beni caduti in successione, che si devolveranno a favore dei parenti del defunto sino al sesto grado. E questo è estremamente iniquo considerando l’evoluzione del concetto di famiglia”.
C.G.