“Guardate quanta plastica finisce nelle nostre reti”

0
1190

Quando l’addetto ai rifiuti taglia il sacco nero della spazzatura raccolta sui fondali del mare davanti a Livorno, escono i mostri. Un campionario di plastiche che ci sono appartenute, che abbiamo usato, buttato e affondato. Sono state catturate dalle reti a strascico di sei pescherecci assieme alle triglie, ai branzini e agli altri pesci. A differenza di quello che succede di solito, non sono state ributtate in acqua, ma portate a riva. Passano sul nastro trasportatore della Revet. Il loro capolinea è in uno stabilimento di Pontedera (Pisa) dove gli addetti al trattamento dovranno decidere se quelle plastiche possono essere rigenerate o se andranno all’inceneritore. “Soltanto il 15% può essere recuperato”, spiegano da lì.

La sfilata della pesca dei rifiuti presi dai fondali dell’Arcipelago Toscano comincia con un grosso secchio per i pavimenti, uno stivale di gomma, il volante di un motoscafo pieno di conchiglie, funi, bicchieri, centinaia di cellophane slabbrati, contenitori della frutta di quelli che si trovano al supermercato. Una borsa senza più colore, un rotolo di gomma nera, resti di bottiglie: dal latte, all’acqua, ai detersivi. Una rete di recinzione verde, un sacchetto di caramelle, uno di zuppa campagnola, lattine di Coca-cola e di birra. Un galleggiante, una paletta, la gamba di una bambola, un pallone di beach volley, barattoli di Estathé pieni di alghe, una pinna da sub smangiucchiata, una tanica, una cerata arancione. Hanno faticato i pescatori a tirare su la carcassa di un motore Yamaha appartenuto a una barca e diventato casa di conchiglie e verdure marine.

Il bottino dei primi 15 giorni dell’operazione “Arcipelago Pulito” è di 230 chili di spazzatura, due metri cubi. I sacchi neri si accumulano ogni giorno al porto e ogni sacco è un respiro più pulito per il mare qui davanti. Questo è uno dei primi progetti in Italia per recuperare le plastiche dalle onde e smaltirle. Lo ha promosso la Regione Toscana col ministero dell’Ambiente, la Capitaneria, Legambiente e Unicoop Firenze. Quest’ultima ha reclutato i pescatori che riforniscono i supermercati: “Il mare è la nostra casa – racconta dal suo peschereccio Michele – tenerlo pulito è nostro interesse”.

Legambiente è impegnata da anni su questo fronte con monitoraggi e ricerche: Goletta Verde ha realizzato l’indagine “Plastic free sea” da cui emerge che il 95% dei rifiuti galleggianti in mare è composto di plastica. “Dobbiamo intervenire in fretta perché le plastiche che sono sui fondali da troppo tempo si sfaldano e rischiano di entrare nella catena alimentare”, dice Vittorio Bugli, assessore della Regione Toscana. “Abbiamo coinvolto il Ministero perché il nostro obiettivo non è solo pulire il mare, ma cambiare la legge”, prosegue.

Un nodo fondamentale: oggi chi recupera rifiuti dalle acque e li porta a terra (in maniera non sporadica) rischia di vedersi accollare i costi dello smaltimento (le plastiche sono un rifiuto speciale). “Per questo i pescatori le ributtano in acqua”, dice Giorgio Zampetti, direttore di Legambiente. “C’è un’impasse normativa da correggere”. “Arcipelago pulito” autorizza i sei pescherecci a portare a riva i rifiuti recuperati in un braccio di 300 chilometri quadrati di mare tra Livorno e il Grossetano. Ma è una sperimentazione, il primo passo di una strada lunga.

fonte:http://www.repubblica.it/ambiente/2018/05/11/news/plastica_pescatori-196061570/