Negli ultimi mesi vi è stato un susseguirsi di modifiche sostanziali al Codice Appalti, le prime delle quali pubblicate lo scorso 31 marzo in Gazzetta Ufficiale (d.lgs. 36/2023), in vigore dal 1° aprile 2023 ma di fatto operative a partire dal 1° luglio 2023. Ad illustrarci le ultime novità in materia, e l’impatto che queste hanno avuto sul mondo delle certificazioni, è il dott. Manolo Valori, Direttore Tecnico di CVI Italia, sede italiana del gruppo slovacco CVI SRO, una delle più importanti realtà nel settore delle certificazioni volontarie con accreditamento internazionale.

di Roberta Imbimbo

Dott. Valori, in che modo le modifiche al Codice Appalti, introdotte con il d.lgs. 36/2023, hanno impattato sulla certificazione per la parità di genere?

È necessaria una piccola premessa. La certificazione per la parità di genere è un documento che attesta le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. Si tratta di una certificazione di grande importanza per le aziende che, ottenendola, oltre a contribuire allo sviluppo di un’economia sempre più inclusiva e sostenibile, possono accedere a interessanti sgravi fiscali e ottenere punteggi più alti nelle graduatorie degli appalti pubblici. Il vecchio Codice Appalti (d.lgs. 50/2016), quello in vigore fino al 30 giugno scorso, prevedeva che le stazioni appaltanti indicassero il punteggio premiante attribuito ai possessori della certificazione della parità di genere ai sensi della UNI PdR 125:2022, una certificazione rilasciata da un soggetto terzo e imparziale. L’articolo 108, comma 7 del nuovo Codice Appalti (D.Lgs. n. 36/2023) stabilisce invece che le stazioni appaltanti devono attribuire  un “maggior punteggio alle imprese che attestano, anche a mezzo di autocertificazione, il possesso dei requisiti di cui all’articolo 46-bis del d.lgs. 198/2006”. In altri termini, tale norma lascia il compito alle stazioni appaltanti di verificare l’attendibilità sia dell’autocertificazione che dei requisiti in possesso per la certificazione della parità di genere. Proprio per questo motivo, ha incontrato la disapprovazione di tutte quelle realtà (tecnici, operatori, associazioni di categoria) che ritengono l’autocertificazione incapace di fornire le stesse garanzie di un’attestazione rilasciata da terzi accreditati, soprattutto se controllata da una stazione appaltante di piccole dimensioni che, ovviamente, potrebbe non avere le competenze tecniche per giudicare se i requisiti autocertificati soddisfano o meno le disposizioni di legge.

E’ l’unica modifica sostanziale apportata  al vecchio Codice appalti?

Assolutamente no! Altra sostanziale modifica, tra la vecchia e la nuova versione del Codice, riguarda la riduzione degli incentivi previsti a favore delle imprese che intendono acquisire la certificazione della parità di genere. Il Codice Appalti 50/2016 riconosceva all’operatore economico una riduzione della cauzione pari al 30% per partecipare alle procedure di accreditamento (non cumulabile con altre riduzioni). Il nuovo Codice, invece, riduce questa percentuale al 20% rendendo però tale agevolazione cumulabile con altre riduzioni legate all’ottenimento di certificazioni o marchi inclusi nell’allegato II.13 del Codice Appalti. Nel nuovo Codice Appalti, inoltre, la digitalizzazione diviene il “motore” per modernizzare l’intero sistema dei contratti pubblici e ciclo di vita dell’appalto.

Le modifiche contenute nell’art. 108, comma 7 del D.Lgs. n. 36/2023 sono state oggetto di un acceso dibattito tra i vari stakeholder interessati. Non a caso il Decreto-legge del 29 maggio 2023 n. 57 ha introdotto nuove disposizioni correttive. Ce ne può parlare?

L’art. 108 del nuovo Codice Appalti è stato oggetto di revisione da parte del Governo, che ha scelto di intervenire attraverso l’art. 2 del Decreto-legge 57/2023 pubblicato il 29 maggio 2023, eliminando sia i riferimenti all’autocertificazione della certificazione parità di genere sia alla verifica di attendibilità.  Il Decreto-legge del 29 maggio 2023 n. 57 stabilisce infatti che “al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46 -bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198.” In altri termini, oggi l’autocertificazione redatta e siglata dalla stessa azienda non è più riconosciuta; pertanto, le aziende possono dimostrare il possesso della certificazione della parità di genere solo attraverso attestazioni verificate da un ente terzo imparziale e meritare il maggior punteggio attribuibile dalla stazione appaltante.