I nuovi artisti italiani spaccano le generazioni: Carl Brave x Franco 126, Cosmo e Rkomi

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Doveva succedere, volevamo che succedesse, e alla fine sta succedendo. Come d’incanto la scena della musica italiana si sta popolando di facce nuove, strane, irridenti, grottesche, divertenti. È una spudorata e dissestata armata che sta spaccando le generazioni, roba per ‘figli’ e quasi mai per ‘grandi’, com’è giusto che sia.

Sono giovani artisti che parlano una lingua originale e sincera, non badano alle convenzioni, vivono l’euforia di nuove strade che si sono spalancate a chi inizia ora a fare il mestiere di musicista, ma sono loro a conquistare classifiche, streaming, visualizzazioni. E vanno veloci, tanto veloci da far sembrare i vari Calcutta, Brunori Sas, ThegiornalistiCoez, Motta, come fossero già assodati, dei padri, o meglio dei fratelli maggiori che stanno dettando le regole del nuovo mainstream.

Vanno veloci tra stralci di rap e mescolanze eterodosse, si chiamano Dark Polo Gang, Carl Brave x Franco 126, Sfera Ebbasta, Rkomi, Canova, Siberia, Frah Quintale, per citarne solo alcuni, sono un piccolo esercito e premono perché il tanto discusso e atteso ricambio generazionale diventi finalmente reale. E infatti se per baglio uno di loro, come è successo a Lo Stato Socialearriva sul palco di Sanremo, fa la differenza. E non mancano le eccellenze. Cosmo è già un piccolo grande faro di evoluzione stilistica. Il suo modo di adattare versi a modernissimi scenari elettronici è magnifico, e nel suo ultimo album è arrivato a campionare in un pezzo, Animali, il coro delle lavandaie della Gatta Cenerentola, un colpo di genio.

C’è perfino un invisibile, un mistero della nuova scena che si fa chiamare Liberato, che verosimilmente viene da Napoli, o chissà da dove. Altri trovano strade di rete per arrivare alla gente, scavalcando canali tradizionali, senza promozione televisiva e radiofonica. Hanno volti diversi, indipendenti, sembrano andare ognuno per suo conto, ma almeno una cosa in comune ce l’hanno: il disincanto, è quello e solo quello a unirli tutti. Si rifanno più o meno alla canzone d’autore, ma quello che fa la differenza è che per la prima volta lo fanno senza alcun timore reverenziale, taglienti, ironici, sfacciati, giocano con i banali giri di Do degli anni Sessanta, con la dance, e se fanno rap sanno parlare le frammentate lingue che si parlano nel mondo reale.

Sono talmente veri da portare di fronte a tutti anche quello che molti non vogliono vedere. Una delle canzoni che meglio raccontano il nuovo corso è Cara Italia, quasi un manifesto, e senza neanche volerlo. A cantarlo è Ghali, un ragazzo di seconda generazione. È un fenomeno, e si sente talmente italiano da cantare: “Ma che politica è questa, che differenza c’è tra sinistra e destra… io mi sento fortunato alla fine del giorno… oeoh, quando mi dicono a casa, oeoh rispondo sono già qua”.

COSMO
“La scena di oggi riflette il nichilismo e il sentimento di rassegnazione”

Cosmo vuol dire pop elettronico ‘made in Ivrea’, canzoni da ballare anche all’estero come in questi giorni nel tour in Europa. Marco Bianchi, Cosmo, è la punta più avanzata della nuova canzone italiana.

Il successo ti ha sorpreso?
“Sì, solo alla fine dell’ultimo tour, con i sold out in prevendita, sono diventato un po’ più consapevole della sua entità. Il successo non era il mio obiettivo primario, lo era semmai poter vivere di musica”.

Ti senti parte di una nuova scena musicale?
“Soltanto per una coincidenza temporale. Sul piano musicale non tanto, mi sento abbastanza diverso dalla canzone italiana classica. Però mi sento di far parte di questo ricambio generazionale, ce n’era proprio bisogno in Italia”.

In cosa consiste la sua particolarità?
“Nichilismo e un sentimento di rassegnazione rispetto a discorsi politici progressisti. Una delusione grossa, pesante. Accomuna me a Calcutta, ai testi di Tommaso Paradiso, ai testi dei trapper. La trap ha abbandonato qualsiasi velleità di contestazione del vecchio rap, avevano già cominciato i Club Dogo, con discorsi più tamarri e tra virgolette frivoli. Racconta lo spirito del tempo: ci si rifugia nell’intimità o si abbraccia il consumismo come unica rivalsa possibile”.

Si può definire questa come la nuova musica d’autore italiana?
“La categoria è un po’ passata, cerca di adattare il presente al passato. Errore simile a chi scrive ancora canzoni cercando di abbracciare certi vecchi stilemi tradizionalisti, come il melodramma che deve necessariamente esplodere nel ritornello. Il pregio di questa nuova canzone è il suo linguaggio crudo, più vicino alla realtà”.

“Ognuno ha il suo stile ma il rap è nell’aria”

Carl Brave e Franco 126 portano il rap nella canzone. Due note necessarie: 126 è il numero dei gradini della strada in cui s’incontrano a Trastevere, Brave è inteso come Coraggio, il vero cognome di Carlo. Un album, Polaroid, e un successo esplosi nell’ultimo anno. Il loro è uno dei set live più affollati d’Italia.

Sorpresi?
Franco 126: “Abbiamo lavorato molto a questo progetto, pubblicando i primi singoli su YouTube nel 2016”.
Carl Brave: “Il nostro seguito è cresciuto in modo graduale, poi è esploso: i quattro sold out all’Atlantico di Roma e i tre all’Alcatraz di Milano ci fanno pensare che questa roba è arrivata alla gente in un modo molto più diretto di quanto ci saremmo mai aspettati”.

Come vi spiegate il consenso?
Franco 126: “Abbiamo trovato la chiave giusta per una novità, il giusto mix tra diversi generi che si ascoltano oggi e che si ascoltavano nel passato: un certo cantautorato per cui siamo famosi in Italia. Siamo tornati un po’ alle radici”.
Carl Brave: “La cosa giusta proposta al momento giusto, un pot-pourri di tutto. Fortuna, certo, ma anche spontaneità. Abbiamo raccontato di noi con il massimo della serenità e dell’onestà. È questo il motivo del successo di Polaroid“.

Vi sentite parte di una scena musicale italiana?
Franco 126: “Ognuno fa le cose secondo il suo stile. È come se quella musica fosse nell’aria”.
Carl Brave: “Ci distinguiamo per la romanità e la poetica degli stornelli”.

RKOMI
“Per la prima volta tra di noi non c’è competizione E questa è la vera novità”

A fine 2017 è uscito Io in terra, primo album di Rkomi (basi blues, jazz, progressive, pezzi acustici) che lo ha portato direttamente al primo posto in classifica. “Ho lavorato con tanti produttori diversi e questo ha fatto sì che io non mi ripetessi e non ripetessi modelli già sentiti”, spiega Rkomi, alias Mirko Martorana, 23 anni da Milano. “Negli episodi acustici ho scritto lavorando insieme ai musicisti: sono rimasto affascinato da questa modalità nuova per me, continuerò a lavorare su questa linea”.

Sorpreso da tanto successo?
“Sì, anche se negli ultimi tempi avevo notato che l’interesse cresceva: avevo deciso di far uscire un video al mese e a ogni uscita notavo che le visualizzazioni aumentavano, poi dipende sempre da quanto lavoro ci metti e quanta passione”.

Qual è stato il momento in cui hai realizzato che avevi raggiunto l’obiettivo?
“Quando ho visto che negli incontri firma-copie i ragazzi facevano la fila per avvicinarmi”.

Ti senti parte di una nuova scena?
“Mi sento parte della musica italiana anche se non di un movimento: punto a trovare una mia via personale e sarà sempre più evidente”.

Cosa contraddistingue la nuova scena?
“Ci ha fatto bene essere uniti tra noi. Penso sia una novità e non solo nel rap, in passato ho notato sempre astio, siamo completamente diversi sotto questo aspetto. Per quanto riguarda le canzoni credo siano i testi, la capacità di parlare in modo semplice, diretto, l’essere davvero se stessi senza vergogna o egocentrismo”.

Fonte http://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2018/02/27/news/non_e_musica_per_vecchi_i_nuovi_artisti_italiani_spaccano_le_generazioni-189909961/