L’ordinamento giuridico della Chiesa sino al 1993 escludeva ogni intervento degli organi dello Stato sulle cause matrimoniali; la sua competenza a trattare di esse era infatti esclusiva. Tale esclusione riguardava la giurisdizione e non la competenza, in quanto la giurisdizione segnava i limiti esterni della potestà giurisdizionale di uno Stato rispetto ai poteri dei Tribunali Ecclesiastici, a cui la Chiesa aveva conferito la propria funzione per esplicarla in quelle cause per le quali i Tribunali dello Stato erano carenti.  La sentenza della Corte Costituzionale del 1993 ha però modificato l’orientamento della giurisdizione esclusiva della Chiesa sino ad allora seguito, come ci spiega in questa lunga intervista Luciano Smaldino, Avvocato rotale con abilitazione al patrocinio avanti la Rota Romana e al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

 

di Roberta Imbimbo

 

Avvocato Smaldino, cosa ha stabilito la sentenza della Corte Costituzionale del 1993?

La Corte Costituzionale con la sentenza del 1993 aveva affermato che, siccome il matrimonio è regolato dal diritto canonico, a cui gli effetti civili erano collegati, sulla validità o invalidità poteva pronunciarsi solo il giudice ecclesiastico, mentre al giudice civile spettava pronunciarsi non soltanto, come fino ad allora era avvenuto, sulla validità della trascrizione, ma anche sulla validità o meno del matrimonio celebrato con rito concordatario. Ciò ha modificato l’orientamento della giurisdizione esclusiva della Chiesa sino ad allora seguito perché, da quel momento, la giurisdizione sul matrimonio atto è divenuta materia anche del giudice civile. E, siccome la Santa Sede era ed è titolare di personalità giuridica di diritto internazionale, equiparabile a quella degli Stati sovrani, ne derivava che godeva di immunità giurisdizionale e come tale poteva continuare a iuris-dicere sulla validità o invalidità del matrimonio celebrato dai suoi fedeli con rito concordatario.

Oggi come si può ottenere la nullità del matrimonio?

Le parti d una causa di divorzio oggi possono chiedere al giudice civile l’accertamento della nullità del vincolo matrimoniale, purché lo chiedano espressamente, altrimenti non daranno luogo al formarsi del giudicato sul punto. E nel caso ciò non avvenga, sarà il Tribunale della Chiesa a dar luogo a tale giudicato: o perché la Corte di Appello, nel corso del procedimento di delibazione, avrà constatato che nel procedimento in fieri  di divorzio non era mai stata sollevata la questione circa la esistenza o inesistenza (rectius: nullità) del vincolo matrimoniale, o perché il giudicato ecclesiastico, sull’argomento nullità, si è concluso prima di quello civile (c.d. criterio della prevenzione). Dispiace osservare come ancora oggi, a distanza di 29 anni dal venir meno della riserva alla giurisdizione ecclesiastica dell’accertamento della nullità di matrimonio (cioè quello celebrato con rito concordatario) i cittadini cattolici italiani, membri dell’Unione Europea, per veder riconosciuta, in sede civile, la esecutività della nullità in sede civile, debbano sottoporre il loro caso anche ad un  diverso Ordine giudiziario (quello italiano), con conseguente perdita di tempo e denaro. Quando invece, per il Regolamento  dell’UE (cd. Bruxelles 2), le sentenze in materia matrimoniale emesse dagli altri Stati dell’Unione diventano automaticamente eseguibili, senza la necessità di vaghi altri giudizi da parte dello Stato ricevente, e cioè quello italiano che dell’Unione fa parte. La mia ultra-trentennale esperienza di Avvocato civile presso i Tribunale di Bari, Bologna, Napoli, Palermo, Milano e presso la Rota romana mi spinge ad affermare che oggi, nel processo matrimoniale-canonico è presente sempre più la psicoanalisi, un importante strumento terapeutico per i coniugi e  propedeutico per gli stessi giudici  nell’avvicinarsi ad una verità processuale che sia quanto più vicina possibile a quella realtà vera che del processo è anima giustificatrice.

Per maggiori info (https://www.avvocatolucianosmaldino.it)